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L’esclusione dalla comunione legale degli acquisti effettuati personalmente dal coniuge

L'art. 159 del Codice Civile afferma che la comunione legale dei beni è il regime patrimoniale legale della famiglia. Essa si costituisce per legge al momento del matrimonio, salvo diversa convenzione dei coniugi, i quali possono pattuire la separazione dei beni, da stipulare a pena di nullità per atto pubblico, nell'atto di celebrazione del matrimonio ovvero in ogni tempo previa stipulazione da annotare a margine dell'atto di matrimonio.

Pertanto, sebbene sempre più spesso derogato con le modalità appena accennate, il regime patrimoniale ordinario della famiglia è la comunione legale. Quanto detto però non presuppone che qualsiasi acquisto effettuato da un coniuge in costanza di matrimonio diventi in automatico, pro quota, di proprietà anche del consorte.

A definire quali sono i beni che non costituiscono oggetto della comunione, in quanto considerati beni personali del coniuge, è l'art. 179 c.c.. Sono esclusi: a) i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento; b) i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell'atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione; c) i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori; d) i beni che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di una azienda facente parte della comunione; e) i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa; f) i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all'atto d'acquisto.

Il secondo comma della medesima norma prevede che l'acquisto di beni immobili, o di beni mobili elencati nell'articolo 2683 (come ad esempio gli autoveicoli registrati nei pubblici registri), effettuato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione, ai sensi delle lettere c), d), ed f) del comma 1, quando l'esclusione risulti dall'atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l'altro coniuge. Dall'interpretazione letterale del detto secondo comma dell'art. 179 c.c. quindi sembrerebbe possibile l'esclusione dalla comunione di taluni beni per il tramite della mera apposizione, nell'atto di acquisto, di una dichiarazione di esclusione (c.d. rifiuto del coacquisto) mediante la quale il coniuge acquirente attesti la natura personale del bene. Al citato atto dovrà necessariamente intervenire il consorte, il quale dovrà confermare che l'acquisto è stato effettuato con denaro personale dell'altro coniuge. L'effetto di tale dichiarazione sarebbe l'opponibilità ai terzi.

Invero, al fine di illustrare e specificare la disciplina regolamentante gli acquisti effettuati in costanza di matrimonio ma escludibili dalla comunione legale, è tornata ad esprimersi sul punto la Suprema Corte con l'Ordinanza n. 20336/2021 Cass. Civile Sez. II. Gli ermellini, ribadendo il consolidato orientamento della giurisprudenza apicale, per il tramite della mentovata decisione confermano che la dichiarazione di rifiuto del coacquisto ha unicamente valore dichiarativo e non negoziale e, di conseguenza, non è idonea ad escludere il bene oggetto d'acquisto dalla comunione legale. Difatti, nella circostanza appena descritta, la partecipazione all'atto dell'altro coniuge non acquirente è condizione necessaria ma non sufficiente per l'esclusione del bene dalla comunione, poiché occorre altresì l'effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione tassativamente indicate nell'art. 179 comma secondo c.c. (ovvero le cause di esclusione previste al I comma, lett. c), d) ed f) del predetto art. 179 c.c.).

I predetti presupposti, ossia il pagamento effettuato con denaro personale (di cui dovrà comunque essere dimostrato/dimostrabile la natura personale) e l'intervento nell'atto del coniuge non acquirente (il quale dovrà confermare che l'acquisto è effettuato con denaro personale del coniuge), devono ricorrere entrambi affinché il mentovato acquisto sia escluso dalla comunione.

È d'uopo rilevare che, l'eventuale insussistenza delle succitate cause di esclusione dalla comunione può essere fatta valere, mediante una successiva azione di accertamento negativo. Azione proponibile pertanto, in ragione di quanto affermato, anche se il coniuge non acquirente è intervenuto nel contratto ed ha aderito alla dichiarazione di rifiuto al coacquisto.

La richiamata ordinanza della Suprema Corte ribadisce altresì la tassatività dell'intervento del coniuge unicamente in relazione alle situazioni espressamente richiamate dal secondo comma dell'art. 179 c.c., non essendo necessaria né l'espressa dichiarazione del coniuge acquirente, né la partecipazione del non acquirente all'atto qualora l'acquisto fosse effettuato mediante, ad esempio, donazione (in tal caso è sufficiente che nell'atto venga dichiarata la proprietà esclusiva del bene da parte dell'acquirente, specificando soltanto che l'acquisto è stato effettuato con beni personali).

E gli acquisti effettuati mediante denaro realizzato con il proprio lavoro? Non essendo espressamente previsto dalla citata norma, detti acquisti ricadono nella comunione legale.

È auspicabile invece un nuovo intervento della Cassazione al fine di chiarire l'essenza degli acquisti effettuati mediante l'accensione di un finanziamento bancario. Difficilmente, infatti si può sostenere che il denaro ricevuto a titolo di mutuo da parte della banca abbia natura personale, sebbene taluno ritiene che sia possibile escludere dalla comunione il bene acquistato dimostrando che il mutuo verrà estinto con denaro ricevuto per donazione, eredità o ottenuto quale corrispettivo della vendita di altri beni personali. Anche in tale ultima ipotesi, comunque, sarà necessario, in aggiunta, nell'atto di acquisto, la dichiarazione concorde di riconoscimento della natura personale del bene da parte di entrambi i coniugi.

Avv. Paride Moraldi