Com'è noto, la fattispecie di cui all'articolo 584 c.p. -relativa all'omicidio preterintenzionale- che punisce con la reclusione da 10 a 18 anni chiunque cagioni la morte di un uomo con atti diretti a commettere i delitti previsti dagli articoli 581 c.p. e 582 c.p., è posta a tutela dell'interesse dello Stato a salvaguardare la vita e l'incolumità individuale. Infatti, l'omicidio preterintenzionale si caratterizza per il fatto che la morte sia cagionata a seguito di atti diretti a percuotere o a ledere qualcuno e che vi sia un nesso di causalità tra i predetti atti e l'evento letale.
È evidente, dunque, che l'evento materiale del reato in esame si identifichi con le percosse- intese sia nel significato di picchiare o di colpire qualcuno, sia come violenta manomissione della altrui persona fisica come l'urto o la spinta violenta- e con le lesioni, concepite come ogni lesione della struttura anatomica degli organi corporei o ogni sovvertimento delle normali funzioni fisiologiche o psicologiche dell'organismo offeso.
Per quanto riguarda l'elemento soggettivo, affinchè la fattispecie possa dirsi preterinzionale è necessaria la volizione di un evento e la realizzazione involontaria di un evento più grave e quindi, va ravvisato unicamente nel dolo di percosse o lesioni: l'evento morte deve costituire il prodotto della specifica situazione di pericolo generata dal reo con la sua condotta intenzionale, volta a percuotere o a ledere una persona. Peraltro, è la stessa legge che predetermina l'esistenza del delitto ritenendo che sia assolutamente probabile che da una azione violenta contro una persona possa derivare la morte della stessa: l'agente risponde per fatto proprio, seppure si sia verificato un evento più grave di quello voluto.
Centrale nel rapporto tra il reato di lesioni personali e il reato di omicidio preterintenzionale è il tema nel ne bis in idem. Va chiarito che il principio del ne bis in idem sostanziale e del ne bis in idem processuale hanno confini ed ambiti applicativi parzialmente diversi: il primo, infatti, si riferisce alle ipotesi di qualificazione normativa multipla di un medesimo fatto e, mediante il criterio della specialità di cui agli articoli 15 c.p. e 84 c.p., fonda la disciplina del concorso apparente di norme, vietando che uno stesso fatto sia accollato giuridicamente due volte alla stessa persona; il secondo, concerne il rapporto tra il fatto storico oggetto di giudicato e nuovo giudizio, vietando l'esercizio di una nuova azione penale. Pertanto, nella sua dimensione naturalistica, prescinde dalle diverse qualificazioni giuridiche. Infatti, ai sensi dell'articolo 649 cpp l'effetto tipico della res iudicata penale è quello di precludere la possibilità che nei confronti del soggetto giudicato possa nuovamente instaurarsi un procedimento penale per lo stesso fatto.
In tal senso, dunque, l'imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale- il quale ha lo stesso valore di una sentenza- divenuti irrevocabili non potrebbe essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo venisse riconsiderato per il titolo, per il grado o per le circostanze.
A tal proposito, il secondo comma del medesimo articolo, offre un rimedio al mancato rispetto del ne bis in idem: il giudice anche d'ufficio, ed in ogni stato e grado del procedimento, pronuncia sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, enunciandone la causa nel dipositivo della sentenza stessa.
D'altro canto, secondo la Suprema Corte, l'identità del fatto sussite solo quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi sulla base della triade condotta-nesso causale- evento, non essendo sufficiente la generica identità della stessa condotta.
Proprio sulla scorta di tale premessa, recentemente, gli Ermellini per quanto concerne i reati di lesioni personali e di omicidio preterintenzionale, hanno chiarito, invece, che non ricorre l'idem factum tra gli stessi, in quanto il fatto concreto di cui all'articolo 584 c.p. è caratterizzato dall'evento-morte, assente nel delitto di cui all'articolo 582 c.p. la cui tipicità è integrata da un diverso, meno grave, evento: le lesioni personali.
Pertanto, nell'ipotesi in cui taluno sia già stato condannato per il reato di cui all'art. 582 c.p., non può operare la preclusione connessa al principio del ne bis in idem rispetto ad una successiva condanna per omicidio preterintenzionale, trattandosi di fattispecie in relazione di incompatibilità.
In ogni caso, laddove si instaurasse un secondo giudizio, il giudice del secondo procedimento è tenuto a considerare, altresì, il principio di detrazione assicurando- mediante un meccaniscmo di compensazione- che le sanzioni complessivamente irrogate siano proporzionate alla gravità dei reati globalmente considerati (Cfr. Cass. Pen., Sez. V, 25/10/2021, n.1363).
Dott.ssa Miriana Martoni