Ordinanza Corte di Cassazione n.30394/2023 - La Suprema Corte torna a pronunciarsi sulla
responsabilità per cose in custodia e sul criterio della ragionevole cautela del danneggiato.
La Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 30394/2023, torna nuovamente ad affrontare il tema della
responsabilità dell'Ente custode della strada in caso di caduta a causa del dissesto del manto
stradale, ribadendo e delineando ulteriormente gli aspetti afferenti l'efficienza causale della condotta
del danneggiato ai fini dell'esclusione della responsabilità ex art. 2051 c.c.
Fatti di causa
Tizio conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Sassari il Comune di (omissis),
chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali dal medesimo
patiti a seguito di una caduta avvenuta in orario serale, alle ore 19 circa, nell'abitato cittadino,
causata, a suo dire, dal dissesto del marciapiede (per mancanza di mattonelle), non visibile ne'
segnalato, in punto ove peraltro risultavano posizionati due tombini, talche' si presentava insidioso
per qualunque utente.
Si costituiva in giudizio il Comune, contestando la domanda nell'an e nel quantum.
Osservava che una condotta prudente dell'attore avrebbe consentito di evitare la caduta; escludeva
che le condizioni dei luoghi configurassero un'insidia e deduceva l'insussistenza del nesso causale
tra la res e le lesioni, richiamando comunque la previsione di cui all'articolo 1227 c.c., comma 1.
La causa veniva istruita con prove documentali e testimoniali.
Il Tribunale di Sassari con sentenza n. 1325/2019, rigettava la domanda attorea.
Avverso la sentenza del giudice di primo grado, Tizio proponeva appello.
Si costituiva il Comune, contestando i motivi di appello.
Secondo il comune convenuto, l'esclusione della responsabilita' in capo all'ente, quand'anche fosse
ritenuto sussistente il nesso di causalita', era conseguenza della condotta imprudente dell'appellante,
che avrebbe potuto prevedere e superare la situazione di pericolo attraverso l'adozione delle normali
cautele in base al generale principio di autoresponsabilita' nell'uso della cosa.
Il Comune, quindi, concludeva chiedendo la declaratoria di
inammissibilita' dell'appello e, in subordine, la conferma della sentenza impugnata, con vittoria di
spese, diritti ed onorari del giudizio.
La Corte d'appello di Sassari, respingeva l'impugnazione e confermava integralmente la sentenza
del giudice di primo grado.
Tizio proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza della corte territoriale articolando lo
stesso su due motivi.
- Con il primo motivo il ricorrente denunciava la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo
2051 c.c., con riguardo all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la corte territoriale
aveva ritenuto che la caduta fosse occorsa a causa della sua imprudenza e distrazione e fosse
unicamente da ascrivere alla sua condotta, ritenuta idonea a interrompere il nesso causale riducendo
la res a mera occasione dell'evento, con conseguente esenzione dell'ente da ogni responsabilita' sia
ai sensi dell'articolo 2051 c.c., sia, per le stesse ragioni, ai sensi dell'articolo 2043 c.c., mostrando
dunque di aderire a una nozione di caso fortuito che si identifica con l'accertamento della condotta
colposa del danneggiato, senza tener conto della necessita' di verificare se detta condotta
presentasse i requisiti della non prevedibilita' e della non prevenibilita' da parte del custode. - Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 1227
c.c., in relazione all'articolo 2051 c.c., nella parte in cui la corte territoriale ha omesso di porre in
relazione la presunta violazione del dovere di cautela, incombente su di lui, quale soggetto
danneggiato, con la violazione degli obblighi di custodia, che gravano sull'ente.
La Suprema Corte ha ritenuto infondati i suesposti due motivi ricordando una serie di pronunce
(ordinanza n. 2482/2018 e ordinanze nn. 2479 e 2480 del 2018) con le quali ha avuto modo di
precisare che: "In tema di responsabilita' civile per danni da cose in custodia, la condotta del
danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di
incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione - anche ufficiosa - dell'articolo 1227 c.c.,
comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela,
riconducibile al principio di solidarieta' espresso dall'articolo 2 Cost., sicche', quanto piu' la
situazione di possibile danno e' suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da
parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze,
tanto piu' incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del
medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento
interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso
comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio
probabilistico di regolarita' causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella
produzione del sinistro".
Ricorda altresì la Suprema Corte che tale principio di diritto - successivamente ribadito dalla
giurisprudenza di legittimita' (Cass. n. 27724/2018; n. 20312/2019; n. 38089/2021; n. 35429/2022;
nn. 14228 e 21675/2023), anche a Sezioni Unite (Cass. n. 20943/2022) - e' stato poi ancor piu' di
recente riaffermato, statuendosi (Cass. n. 11152/23) che la responsabilita' ex articolo 2051 c.c., ha
natura oggettiva - in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in
custodia e il danno, non gia' su una presunzione di colpa del custode - e puo' essere esclusa o dalla
prova del caso fortuito, senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla
dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle
condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate dalla
colpa ex articolo 1227 c.c., e, indefettibilmente, dalla oggettiva imprevedibilita' e imprevenibilita'
rispetto all'evento pregiudizievole.
Di tale complessivo principio avrebbe fatto corretta applicazione la corte territoriale la' dove - dopo
aver riesaminato le risultanze processuali (in particolare, le dichiarazioni rese dai testi e le
fotografie prodotte, raffiguranti il dissesto) alla luce dei motivi di doglianza del ricorrente - ha
ritenuto provato il nesso di causalita' tra la caduta ed il dissesto (e cioe' che Tizio, mentre percorreva
a piedi il marciapiede era inciampato a causa del dissesto ivi presente, non segnalato, cadendo a
terra), ma ha ritenuto che detto nesso era stato interrotto dalla condotta colposa del danneggiato.
Invero, la corte di merito ha rilevato che (nonostante l'ora serale e la pioggia):
a) era risultato provato che l'incidente era avvenuto in pieno centro cittadino, in luogo dove era
presente illuminazione pubblica che garantiva la visibilita' dei luoghi;
b) dalle acquisite fotografie raffiguranti il dissesto era risultato che l'assenza di mattonelle fosse di
estensione tale da essere agevolmente visibile a chiunque e, da chiunque, facilmente apprezzabile;
c) tale "evidenza"dell'anomalia, percepibile ad occhio nudo (tanto era vero che era stata notata sia
dal testimone presente al fatto che dalle due testimoni successivamente intervenute), non poteva
essere trascurata da alcuno e quindi neppure dal danneggiato, non essendo risultato dall'espletata
istruttoria che il dislivello, non segnalato, fosse occultato dalla presenza di ingombri o ostacoli
specifici.
In definitiva, secondo la sentenza impugnata, "la presenza di illuminazione nel tratto di strada
oggetto del sinistro, la intrinseca staticita' dell'anomalia e le condizioni della stessa, tali da
renderla agevolmente percepibile in quanto ampia e non occultata da ostacoli, sono elementi che
obiettivamente imponevano al danneggiato un dovere di ragionevole cautela, sicche' puo' ritenersi
che la caduta sia occorsa a causa della imprudenza e distrazione di Tizio e sia unicamente da
ascrivere alla sua condotta idonea, invero, a interrompere il nesso causale riducendo la res a mera
occasione dell'evento, con conseguente esenzione dell'ente da ogni responsabilita' sia ai sensi
dell'articolo 2051 c.c., sia, per le stesse ragioni, ai sensi dell'articolo 2043 c.c.".
La sostanziale conformita' della conclusione della corte territoriale ai principi sopra ricordati,
applicati in esito a ricostruzioni fattuali non sindacabili in quanto tali nella presente sede di
legittimita' (in quanto scevre da evidenti vizi logici o giuridici), conduceva la Suprea Corte alla
conclusione di infondatezza delle doglianze sopra riportate.
Avv. Andrea Galiffa