logo-trasp
I MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA

L’art. 572 codice penale è rubricato “Maltrattamenti contro familiari e conviventi”.

Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità come definita ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto è commesso con armi. Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni. Il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato .

Si fa riferimento, pertanto, anche alla convivenza di fatto, alla persona del “convivente”.

I termini di prescrizione per il delitto di cui all'art. 572 c.p. sono raddoppiati.

Vi sono alcune peculiarità procedimentali in caso di contestazione dell’art. 572 c.p.: obbligo per il pubblico ministero e la polizia giudiziaria di informare la persona offesa, al momento dell'acquisizione della notizia di reato, della facoltà di nominare un difensore di fiducia e del diritto di accedere al patrocinio a spese dello Stato; previsione di specifici obblighi di informazione alla persona offesa, in relazione a provvedimenti concernenti le misure cautelari personali dell'allontanamento dalla casa familiare; divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, nonché ai provvedimenti concernenti le misure custodiali; divieto o dell'obbligo di dimora; inclusione del delitto di cui all'art. 572 nel catalogo dei reati per il cui accertamento è imposto alla polizia giudiziaria l'obbligo di farsi assistere da un esperto di psicologia o psichiatria infantile per assumere a sommarie informazioni un minore; previsione dell'arresto obbligatorio in flagranza per il delitto di cui all'art. 572; estensione al procedimento per il delitto di cui all'art. 572 delle forme di audizione protetta del minore in sede di incidente probatorio; modifica dei termini di durata delle indagini preliminari per il delitto di maltrattamenti; modifica della disciplina della notifica alla persona offesa della richiesta di archiviazione e dei termini per la relativa opposizione; dell'introduzione dell'obbligo di notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari anche alla persona offesa. Ulteriori modifiche riguardano l'estensione al delitto di maltrattamenti delle modalità di audizione protetta della persona offesa, l'ammissione della persona offesa del delitto di maltrattamenti al patrocinio a spese dello Stato (a prescindere dai limiti reddituali normalmente imposti per le altre ipotesi di reato).

Condotta penalmente rilevante quindi, quella consistente in comportamenti di vessazione fisica o morale non necessariamente qualificabili, se singolarmente considerati, come reato (Coppi, Maltrattamenti, in ED, 248; Pisapia, 76; Antolisei, PS, I, 536; contra Pannain, 68) espressi mediante azioni od omissioni (contra Vitarelli, Maltrattamenti mediante omissione?, in RIDPP, 1998, 190; Blaiotta, Maltrattamenti nelle istituzioni assistenziali e dovere costituzionale di solidarietà, in CP, 1996, 514; Pisa, Carenze sanitario assistenziali e maltrattamenti mediante omissione, in DPP, 1995, 207; Del Tufo, 434), e ripetuti nel tempo.

Il reato si configura qualora sia dimostrata la "sistematicità" di condotte violente e sopraffattrici.

Contenuto d'offesa che deve rapportarsi in termini di continuità d'aggressione al bene tutelato, tanto da aver indotto la dottrina e la giurisprudenza prevalenti (Pettenati, Sulla struttura del delitto di maltrattamenti in famiglia, in RIDPP, 1961, II, 1110; Colacci, Maltrattamenti, 95; Coppi, Maltrattamenti, in ED, 273; Mazza, 6; Pisapia, 75; Antolisei, PS, I, 537; Fiandaca, Musco, PS, 379) a ritenere che il delitto di maltrattamenti richieda il carattere abituale della condotta che lo caratterizza; abitualità che non risulterà esclusa da eventuali momenti di pausa tra i vari episodi lesivi, purché questi ultimi non siano di durata tale da interrompere la stessa progressione criminosa.

L’elemento soggettivo richiesto è il dolo generico, cioè la consapevolezza e volontà sottoporre in modo continuativo il soggetto passivo ad una serie di sofferenza fisiche o morali.

Per la sussistenza del reato è necessario accertare l'elemento psicologico del "dolo abituale", non potendosi richiamare il generico criterio per il quale non occorre uno specifico programma criminoso, ma è sufficiente la consapevolezza di persistere in un'attività vessatoria diretta a ledere la personalità della vittima, dovendosi, invero, valutare la coscienza e la volontà di persistere in una tale siffatta attività.


Trattasi di reato perseguibile d’ufficio.

La costituzione di parte civile da parte di un minore, avvenuta a mezzo dell'esercente la potestà genitoriale, non richiede l'autorizzazione del giudice tutelare trattandosi di atto non eccedente l'ordinaria amministrazione.

Ultime pronunce sul reato di maltrattamenti in famiglia.

Cassazione penale n. 6937/2022 In tema di reato di maltrattamento in famiglia, ove le modalità di imposizione di una condotta di vita ispirata al "risparmio domestico" si traducano in modalità di controllo del coniuge nei confronti dell'altro che, per la loro pervasività, sconfinino in un vero e proprio regime e assillo, tale da cagionare alla persona offesa uno stato di ansia e frustrazione, le stesse ben possono rientrare nella nozione di maltrattamenti.

Cassazione penal n. 38336/2022 Alla luce di una esegesi rispettosa del principio costituzionale di legalità, ai fini dell'applicazione della norma incriminatrice dell'art. 572 cod. pen., di "convivenza" si può parlare solamente laddove risulti acclarata l'esistenza di una relazione affettiva qualificata dalla continuità e connotata da elementi oggettivi di stabilità in quanto, lungi dall'essere confuso con la mera coabitazione, il concetto di convivenza deve essere espressione di una relazione personale caratterizzata da una reale condivisione e comunanza materiale e spirituale di vita.

Trib. Teramo, 1618/2022

Trib. Teramo, 1552/2018

Avv. Massimo Ambrosi