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Superbonus 110 % – Maggioranze – Costituzione del Fondo Speciale

La maggioranza richiesta dalla legge per deliberare ed approvare i lavori di cui al cd Superbonus 110 % ai sensi dell'articolo 119 comma 3 bis del decreto Rilancio è duplice: occorre, infatti, la maggioranza degli intervenuti ed 1/3 dei millesimi. Gli astenuti non sono considerati voti contrari.

MA ATTENZIONE: La Suprema Corte (Cass., 30 luglio 2020, ordinanza n. 16338) ha infatti stabilito che la maggioranza contraria prevale su quella favorevole, se i millesimi espressi dalla prima sono superiori a quelli espressi dalla seconda. Così, facendo un esempio pratico, se i favorevoli rappresentano 400 millesimi mentre i contrari, pur essendo minoranza in assemblea, ne rappresentano di più, cioè i restanti 600 millesimi, ne deriva che la delibera non può essere approvata e, qualora lo fosse, sarebbe invalidabile nel termine previsto di 30 giorni.

Quanto appena descritto vale, pertanto, soltanto se il voto contrario è espresso in assemblea. In altre parole, affinché la maggioranza dei millesimi possa prevalere su quella delle teste, è necessario che il voto contrario venga espresso. Non è sufficiente dunque astenersi o non partecipare, per ottenere la bocciatura della delibera regolarmente votata da un terzo dei condòmini.

Si ricorda che per fare il cappotto termico, che incide sulle parti private, è necessaria, invece l'unanimità.

La votazione sul Bonus non può coinvolgere le proprietà private di chi è contrario, altrimenti la delibera non sarebbe valida. Non si può quindi obbligare il condomino contrario a sostituire la sua caldaia con una di ultima generazione. Nel caso in cui la maggioranza abbia approvato i lavori, ma gli interventi invadano la sfera privata del condomino contrario, servirà necessariamente l’unanimità dei voti.

Se invece gli interventi non interessano la proprietà del condòmino contrario e sono stati approvati dalla maggioranza in assemblea, allora le unità contrarie non potranno contestare i lavori (fatto salvo il caso esposto in precedenza).

Va poi ricordato che:

- se gli interventi non intaccano la proprietà del condomino contrario e sono stati approvati dalla maggioranza in assemblea, allora le unità contrarie non potranno contestare i lavori;

- se invece la maggioranza ha approvato i lavori, ma questi interventi invadono la sfera privata del condomino contrario, serve necessariamente l’unanimità dei voti. Ad esempio, non si può obbligare il condomino contrario a cambiare la sua caldaia con una di ultima generazione.

In sostanza, non è possibile obbligare i proprietari a realizzare degli interventi trainati nei propri appartamenti, ad esempio la sostituzione degli infissi affinché si raggiunga il risultato energetico richiesto, dal momento che, in base alle norme, non è possibile in alcun caso sommare interventi sulle parti comuni con gli interventi sulle parti private per ottenere il risultato a livello dell’edificio.

A conferma di questo le indicazioni contenute nella circolare 30 dell’Agenzia delle Entrate del 22 dicembre 2021, nella quale si precisa che «nel caso di edifici con più unità immobiliari occorre predisporre gli A.P.E. convenzionali riferiti all’intero edificio. Gli eventuali A.P.E. esistenti sono invece riferiti alle singole unità immobiliari e quindi non utilizzabili».

In merito all'accollo delle spese, come chiarito anche dall’Agenzia delle Entrate (risposta n. 620 del 22 settembre 2021 – citata anche nel verbale d’assemblea del 18.01.2022), è data la possibilità che il condominio o i condòmini che intendono usufruire della detrazione possano farsi carico dell’intera spesa per poter beneficiare del 110%.

Come detto, la legge dice che le deliberazioni dell’assemblea, aventi per oggetto l’imputazione a uno o più condòmini dell’intera spesa riferita all’intervento deliberato, sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno 1/3 del valore dell’edificio, a condizione che i condòmini ai quali sono imputate le spese esprimano parere favorevole.

Così testualmente: «Le deliberazioni dell’assemblea del condominio, aventi per oggetto l’imputazione a uno o più condomini dell’intera spesa riferita all’intervento deliberato, sono valide se approvate con le stesse modalità di cui al periodo precedente e a condizione che i condomini ai quali sono imputate le spese esprimano parere favorevole».

Occorre dunque una deliberazione ad hoc con cui i favorevoli all’intervento decidano di accollarsi le spese e di fruire del Superbonus 110%, se uno o più proprietari degli immobili presenti nell’edificio non sono d’accordo all’esecuzione dei lavori.

È ragionevole ritenere che coloro che si accollano la spesa siano già stati consenzienti in sede di assemblea che ha approvato i lavori; anzi, è logico supporre che la proposta arrivi proprio da loro.

Scopo della norma è, evidentemente, quello di “tagliare fuori” i condòmini che vorrebbero scegliere la detrazione individuale: se non hanno spese non hanno neppure la detrazione. E infatti, la cessione del credito o lo sconto in fattura, se effettuati per tutto l’importo della spesa del Superbonus, permettono una gestione decisamente più facile da parte dell’impresa che effettua i lavori o dalle banche che eroga il prestito-ponte. Tuttavia, rimane un diritto dei condòmini beneficiare individualmente della detrazione.

Ma non solo. L’accollo serve anche a risolvere le questioni derivanti dal disaccordo sull’opzione di beneficio fiscale a cui aderire. Decisione certamente legittima, tanto più che il diritto di aderire ad un beneficio fiscale anziché all’altro è individuale e non cumulativo come condominio, ma tale diritto dovrebbe fare i conti con la facoltà di un’impresa ad impegnarsi o meno.

Non è irragionevole pensare che un gruppo di lavoro tecnico, che già si trova a che fare con le difficoltà burocratiche del caso, preferisca non sobbarcarsi anche ulteriori complessità date dalla gestione dei benefici fiscali diversificati condomino per condomino, che potrebbero complicare il procedimento del prestito-ponte.

Nella considerazione che non può essere messo a votazione il beneficio a cui aderire perché è un diritto individuale esclusivo e quindi non rientra nei poteri dell’assemblea, ecco, allora, che soccorre l’accollo.

Insomma: l’accollo delle spese del Superbonus consente di concentrare l’intera pratica nelle mani di poche persone, le quali possono gestire in maniera unitaria le agevolazioni fiscali previste dalla legge, ad esempio optando in maniera comune per la cessione del credito a favore di una banca oppure dell’impresa dei lavori.

L’Agenzia delle Entrate specifica inoltre che, in caso di non corretta fruizione del Superbonus (ad esempio, per via di irregolarità urbanistiche, ecc.), ne risponderanno esclusivamente i condòmini che ne hanno beneficiato. Resta quindi escluso da ogni rischio chi non ha approvato i lavori e non ha partecipato all’esecuzione degli stessi.

La legge non prevede però la possibilità di obbligare detti condòmini ad accollarsi la quota degli altri i quali, anche se non erano favorevoli, sono comunque tenuti a contribuire alle spese relative alle parti comuni, esattamente come si farebbe per qualsiasi altro lavoro regolarmente deliberato dal consesso.

In sintesi:

se un condomino è contrario al Superbonus 110%, gli interventi potranno essere ugualmente effettuati se deliberati dall’assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio (sempreché non ci sia una maggioranza contraria). È possibile l’accollo, ma solo con il consenso di chi intende farsi carico della quota altrui (la legge, infatti, non sembra prevedere meccanismi di attribuzione “coattiva”).

In pratica, anche il dissenziente dovrà partecipare alla spesa comune, come avverrebbe per qualsiasi altro tipo di intervento validamente deliberato.

Come per ogni delibera, al dissenziente è consentito il diritto di impugnazione, ove ritenga che il contenuto della deliberazione sia contrario alla legge o al regolamento di condominio.

Uno dei motivi di impugnazione più diffusi riguarda la documentazione sottoposta all’assemblea, quando si ritiene che non consenta ai proprietari di valutare correttamente la tipologia di lavori da effettuare, i tempi, le modalità e i costi. Ciò accade soprattutto quando gli interventi riguardano il cosiddetto cappotto.

In caso di coibentazione, infatti, occorre che i proprietari vengano messi a conoscenza del dettaglio delle misure del cappotto che andranno a restringere la superficie a disposizione dei balconi, le modalità e i costi per lo smontaggio degli eventuali motori dei climatizzatori, operazione necessaria per evitare i ponti termici, l’obbligo di spostamento delle soglie delle finestre, ecc.

Sul punto, tuttavia, non si registra unanimità di vedute in giurisprudenza. Il Tribunale di Milano, con ordinanza del 13 agosto 2021, dopo un provvedimento d’urgenza inizialmente concesso per bloccare l’esecuzione della delibera che dava il via ai lavori, ha successivamente respinto il ricorso di alcuni condòmini che si opponevano agli interventi del Superbonus per via della documentazione insufficiente messa a disposizione dall’amministratore. In particolare, l’oggetto del contenzioso riguardava l’installazione del cappotto termico che avrebbe comportato una riduzione della superficie dei balconi di qualche centimetro.

Secondo la succitata ordinanza, le numerose assemblee, la massa di documentazione e la relazione allegata alla convocazione hanno «posto i condomini, e dunque anche i ricorrenti, in condizione di ricevere preventivamente adeguate informazioni sugli argomenti oggetto di discussione assembleare, di formarsi la propria opinione sul punto e, pertanto, di esprimere una decisione ponderata e informata».

Sulla questione de restringimento dei balconi, che appare spesso come motivo di opposizione ai lavori in quanto si interviene su parti private, il giudice ha spiegato che non si tratta di un tabù assoluto, come ha già affermato la Cassazione (sent. n. 7042/2020), e che proprio in casi come l’installazione del cappotto termico «gli effetti di tali decisioni e degli interventi edili deliberati sui beni di proprietà esclusiva dei condomini ricorrenti sono strettamente funzionali al miglioramento dell’uso delle cose comuni e al soddisfacimento di interessi altamente meritevoli di tutela».

Peraltro, è appena il caso di ricordare che la succitata ordinanza del tribunale meneghino è stata ribaltata in sede di reclamo (ord. del 30 settembre 2021 del Trib. Milano), ritenendo questa volta il giudice che il cambio del rivestimento e della colorazione delle facciate costituisca una innovazione illecita, da approvarsi necessariamente all’unanimità per via dell’alterazione del decoro architettonico dell’edificio. La decisione è stata oggetto di critiche, in quanto si ritiene che la legge speciale che ha introdotto il Superbonus deroghi alle normali disposizioni codicistiche, con la conseguenza che gli interventi di efficientamento energetico prevalgono sui quorum ordinari.

Si rammenti, infine, la necessità di creare un fondo speciale per i lavori. La giurisprudenza (Trib. Roma, sent. n. 78 del 04 gennaio 2021) ha in più occasioni ricordato che è nulla la delibera condominiale che approva i lavori straordinari senza istituire il fondo speciale previsto dall’art. 1135 comma 1, n. 4, c.c., norma imperativa che non ammette deroghe e non consente l’eventuale approvazione del preventivo dei lavori straordinari, escludendo a maggioranza la costituzione del fondo medesimo.

Considerato che gli interventi che rientrano nel Superbonus sono certamente opere di manutenzione straordinaria e considerato che non è prevista alcuna deroga all’art. 1135, comma 4, cod. civ., è chiaro che il condominio dovrà costituire preventivamente un fondo speciale pari almeno al primo stato di avanzamento (ad esempio, il 35% dell’importo dei lavori), e così successivamente per gli altri.

In pratica, una volta che il condominio abbia individuato i lavori, la ditta, la direzione lavori, il prezzo, ecc., deve costituire il fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori ovvero quanto meno allo stato di avanzamento dei lavori stessi.

Questo fondo, peraltro, non solo va deliberato contestualmente ai lavori o all’appalto, ma andrebbe pure raccolto dall’amministratore, cioè incassato, prima dell’avvio dei lavori stessi.

È pur vero, però, che il fondo speciale potrebbe essere “bypassato” dal prestito-ponte della banca. Secondo la dottrina, infatti, la cessione del credito e un prestito-ponte con una banca esimerebbe i condòmini dal versare somme su un fondo speciale.

Infine, come già ricordato, la delibera che approva il Superbonus 110% non può violare la proprietà privata, nel senso che non può imporre al singolo condomino di effettuare o di subire lavori all’interno della sua proprietà. Ad esempio, l’assemblea non può imporre al singolo condomino la sostituzione della sua caldaia.

Una delibera che incidesse sulla proprietà privata sarebbe radicalmente nulla.

Avv. Alfredo Bonanni