logo-trasp
Concessioni Balneari. Corte di Giustizia UE. 20 aprile 2023.

Annunciata da tempo, in data 20 aprile 2023, la terza sezione della Corte di giustizia Ue si è pronunciata sul tormentato tema delle concessioni demaniali marittime e dei paragrafi 1 e 2 della direttiva Bolkestein dando seguito ad un’ulteriore puntata di una storia infinita.

La recentissima sentenza della CGUE, pur ribadendo molti principi già espressi in occasione della più volte richiamata sentenza Promoimpresa, costituisce, per alcune affermazioni, una novità e, dunque, un tassello molto importante nel frastagliato panorama relativo alle concessioni balneari[1].

Ebbene, i giudici di Lussemburgo partendo dall’analisi della sesta questione ad essi sottoposta, assorbente la settima, hanno elaborato il primo principio relativo all’applicabilità dell’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/ CE. Precisamente, la Corte ha chiarito che il mentovato articolo 12 deve essere interpretato nel senso di ritenerlo applicabile non soltanto per le concessioni di occupazione del demanio marittimo che presentino un interesse transfrontaliero certo, atteso che tale interesse è il presupposto per l’applicazione dell’articolo 49 del TFUE ma non è richiesto dall’articolo 12 della direttiva Bolkestein; di talchè le concessioni balneari, a parere della Corte di giustizia, devono essere messe a gara a prescindere dall’interesse transfrontaliero[2].

Successivamente, analizzando l’ottava questione sollevata dal giudice a quo, la Corte di giustizia ha affrontato il tema della scarsità delle risorse chiarendo che tale concetto ha due esplicazioni: una di tipo oggettivo, con riguardo alle risorse naturali, e una di tipo soggettivo, rispetto alle capacità tecniche utilizzabili. In particolare, secondo la Corte, la valutazione della scarsità delle risorse naturali va effettuata dallo Stato previa emanazione di criteri potendo lo stesso preferire una valutazione generale e astratta, ossia valida per tutto il territorio nazionale, ma anche seguire un approccio di tipo empirico e, dunque, riferito alla situazione esistente nel territorio costiero di un comune o dell’autorità amministrativa competente ovvero combinare entrambe le scelte. Pertanto, nell’ottica dei giudici europei, non sussiste sempre e comunque una scarsità di risorse ma la stessa va determinata sulla base di criteri “obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati”[3] la cui emanazione compete allo Stato che avrà dei margini abbastanza ampi ma il cui previo intervento diviene imprescindibile. Sebbene quanto appena descritto possa essere considerato un’importante novità elaborata dalla CGUE non sono chiare le conseguenze che si avrebbero laddove i già menzionati criteri non siano stabiliti, rispetto alle quali, presumibilmente, occorrerà attendere le determinazioni del legislatore[4].

A tal punto, la Corte decide di dirimere la questione concernente la validità della direttiva 2006/123/CE sconfessando l’impostazione del giudice remittente in base alla quale la citata direttiva di armonizzazione non sarebbe stata adottata all’unanimità, come richiesto dall’articolo 94 CE, bensì a maggioranza qualificata. I giudici di Lussemburgo, sull’assunto che il legislatore dell’Unione abbia correttamente privilegiato l’articolo 47 (§2, prima e terza frase) CE e il successivo art. 55, che prevedono l’approvazione a maggioranza, rispetto all’articolo 94, ha ritenuto la piena validità della direttiva Bolkestein in relazione a quest’ultimo parametro normativo[5].

In seguito, la Corte di giustizia è passata all’analisi della seconda questione e della quarta questione ad essa sottoposte afferenti principalmente al carattere self executing della direttiva servizi. Nello specifico, i giudici europei hanno ribadito il carattere dettagliato e incondizionato e, dunque, self executing delle disposizioni contenute nei primi due paragrafi dell’articolo 12 della direttiva de quo, rifacendosi all’interpretazione resa con la sentenza Promoimpresa. Viepiù, con la sentenza in esame la CGUE va oltre sancendo che la direttiva 2006/123/CE vada applicata anche ai rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza del 2016, a decorrere dall’entrata in vigore della direttiva stessa, ossia dal 28 dicembre 2009[6].

Infine, la Corte, analizzando la quinta questione e la seconda parte dell’ottava questione al proprio vaglio, relative all’obbligo di disapplicazione, ha elaborato il quinto ed ultimo principio. Segnatamente, confermando la propria giurisprudenza ultra ventennale, ormai da tempo avallata anche dalla Corte costituzionale, ha ribadito che l’obbligo di disattivare il diritto interno contrario al diritto europeo, direttamente applicabile, incombe non solo a carico del giudice nel risolvere antinomie normative, ma anche a carico della PA con le conseguenze sulla patologia del provvedimento amministrativo, il quale – se conforme al diritto interno contrario al diritto europeo direttamente applicabile- sarà illegittimo e, in quanto tale, annullabile da parte del giudice amministrativo[7].

Da ultimo, rispetto alla nona questione ad essa sottoposta circa un eventuale compenso per le opere inamovibili che il concessionario uscente abbia costruito sul terreno affidatogli in concessione, la Corte di giustizia ne ha riconosciuto l’irricevibilità ritenendola non riferibile alla realtà effettiva o all’oggetto del procedimento principale e, dunque, irrilevante ai fini della decisione principale[8].

In definitiva, la Corte di giustizia europea, con la sentenza in commento, ha escluso ogni possibile proroga delle concessioni demaniali marittime sottolineando la necessità di realizzare procedure di selezione dei concessionari imparziali e trasparenti.

Dott.ssa Miriana Martoni


[1] C. VOLPE, Concessioni demaniali marittime: un’ulteriore puntata di una storia infinita, in www.giustizia-amministrativa.it, 2023, 1.

[2] Corte di giustizia UE, Sez. III, 20 aprile 2023, n. 348 (C-348/2022), §40 e 41.

[3]  Ivi, §48.

[4] C. VOLPE, Concessioni demaniali marittime: un’ulteriore puntata di una storia infinita, in www.giustizia-amministrativa.it, 2023, 3.

[5] Corte di giustizia UE, Sez. III, 20 aprile 2023, n. 348 (C-348/2022), §59.

[6] Ivi, §§ 66-74.

[7] Ivi, §§76-79.

[8] Ivi, §§ 81-84.