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IMPRENDITORE AGRICOLO – CONTOTERZISMO

L’art. 2135 del cod. civile prevedeva:

"E' imprenditore agricolo chi esercita un'attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all'allevamento del bestiame e attività connesse.

Si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione o all'alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell'esercizio normale dell'agricoltura."

Ad opera dell’art. 1 del d.lgs. n. 228 del 18.05.2001, la nozione di imprenditore agricolo viene radicalmente mutata; permanendo, tuttavia, la distinzione tra attività principali e attività connesse.

È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.

Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.

È evidente nell’attuale formulazione della norma, infatti, l’ampliamento e la modernizzazione della nozione di impresa agricola, ben più vasta di quella originariamente concepita dal legislatore, dovuta all’integrazione di due commi (co. 2 e 3), i quali specificano in cosa consistono rispettivamente le attività agricole essenziali e le attività agricole per connessione.

Rileva il criterio della connessione, poiché, individuare le attività agricole connesse è importante, in particolar modo visti i benefici e vantaggi fiscali derivanti dalla disciplina prevista per l’impresa agricola; in buona sostanza, grazie al criterio della connessione, è possibile delineare quali attività economiche organizzate in forma di impresa rientrino nella sfera disciplinare vigente per l’impresa agricola, e quali, invece, resterebbero assoggettate alla disciplina dell’impresa commerciale.

Valutazione di non poco conto, visto le specifiche differenze delle due discipline in parola.

Viepiù, in base al dettato normativo, l’attività considerata agricola per connessione deve servire allo sviluppo dell’attività agricola principale.

Infatti, per potersi parlare di connessione devono essere soddisfatti due elementi indispensabili, uno di carattere soggettivo e l’altro di carattere oggettivo.

Per quanto riguarda il primo, implica che il soggetto che svolge attività agricola principale sia lo stesso che esercita l’attività connessa; come suggerisce l’inciso circa le attività “esercitate dal medesimo imprenditore agricolo”. Inoltre, l’attività svolta per connessione deve essere coerente con quella agricola esercitata dall’imprenditore in via principale: Es. – viticoltore che vende formaggio: attività commerciale; - viticoltore che produce vino: attività agricola per connessione.

Circa il requisito oggettivo, l’attività connessa deve essere inserita all’interno dell’organizzazione creata per l’espletamento dell’attività principale.

Le attività consistenti nella manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione devono avere ad oggetto: - prodotti ottenuti prevalentemente dall’esercizio dell’attività agricola principale; - beni o servizi forniti attraverso l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda agricola.

Infine, le attività connesse devono risultare non prevalenti dal punto di vista del rilievo economico rispetto all’attività agricola principale.

Tra le c.d. attività connesse, oggi, quantitativamente più rilavante è il contoterzismo.

Il contoterzista è il soggetto che possiede macchinari agricoli, per lo più ad alta densità di capitale, che, attraverso l’utilizzo di tali macchinari, fornisce i servizi collegati alle lavorazioni meccaniche.

Una modalità che garantisce anche a piccole e medie imprese lavorazioni in campo altrimenti non sostenibili per via delle ristrettezze dei bilanci. Lavorazioni che vanno dalla raccolta di prodotti agricoli (mietitura e trinciatura) all’aratura e semina dei terreni, alla distribuzione di mezzi tecnici (fertilizzanti, diserbanti). Il tutto, a costi contenuti, o comunque molto inferiori a quelli che sarebbero necessari per dotarsi di macchine proprie. Macchine poi che nella singola azienda agricola resterebbero inutilizzate per gran parte dell’anno.

L’attività fornitura di servizi da parte del contoterzista è decisamente in espansione.

L’art. 5 del d. lgs. n. 99/2004 ha parzialmente sistemato la materia, introducendo nell’ordinamento la definizione giuridica di attività agromeccanica come quella fornita a favore di terzi con mezzi meccanici per effettuare le operazioni colturali dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, la sistemazione e la manutenzione dei fondi agroforestali, la manutenzione del verde, nonché tutte le operazioni successive alla raccolta dei prodotti per garantirne la messa in sicurezza. Sono altresì ricomprese nell’attività agromeccanica le operazioni relative al conferimento dei prodotti agricoli ai centri di stoccaggio e all’industria di trasformazione quando eseguite dallo stesso soggetto che ne ha effettuato la raccolta.

Guardando, nello specifico, alle modalità di esercizio dell’attività del contoterzista, la fornitura di servizi è possibile, in primo luogo, attraverso lo scambio di servizi tra piccoli imprenditori ai sensi dell’art. 2139 c.c., che lo ammette secondo gli usi. La fattispecie è circoscritta ai piccoli imprenditori agricoli che, ai sensi dell’art. 2083 c.c., esercitano la propria attività professionale prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.

La disposizione codicistica fa riferimento sia allo scambio di servizi che a quello di manodopera e considera la c.d. reciprocanza come rimedio efficace ai problemi della imprenditoria piccola o coltivatrice.

Inoltre, si parla del c.d. contoterzismo misto, facendo riferimento alla definizione di cui all’art. 2135 c.c. che, include nella nozione di imprenditore agricolo anche chi esercita attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola.

La norma prende in considerazione attività economiche che risultano connesse all’utilizzazione, non già dei prodotti agricoli conseguiti, ma fondamentalmente della struttura aziendale e delle sue attrezzature e che, per il tramite del loro impiego, risultino dirette alla fornitura sia di beni che di servizi. Da una parte si richiede che in tali attività siano impegnate in prevalenza attrezzature e risorse dell’azienda, dall’altra, che le attrezzature e le risorse di provenienza aziendale siano quelle normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata.

Infine, il c.d. contoterzista puro, è quello che possiede macchine e forza lavoro, ma che non utilizza prevalentemente attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola.

Si tratta, quindi, di chi possiede solo i macchinari e volge l’attività di vendita ai terzi di servizi agromeccanici, utilizzando macchine che non sono prevalentemente usate all’interno della propria azienda agricola.

Il contoterzismo è un’attività specifica e dal valore strategico in agricoltura; per questo, il legislatore pone sempre maggiore attenzione a questo fenomeno.

Occorre precisare che tale attività va a beneficio non soltanto degli imprenditori agricoli, che risparmiano onerosi investimenti in macchinari che, nell’arco di pochi anni, potrebbero essere già considerati obsoleti rispetto all’evolversi delle tecniche colturali, ma anche dei contoterzisti stessi, che possono ottimizzare lo sfruttamento delle macchine attraverso il loro utilizzo.

Al tempo stesso, non può essere sottaciuto, che il fenomeno in diffusione del contoterzismo ha permesso di continuare ad esercitare l’attività agricola su superfici di terreno che, altrimenti, a causa di un lento processo di ricambio generazionale, sarebbero rimaste incolte.

Dott. Edoardo Manucci