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Assegno di mantenimento nel giudizio di separazione; addebito, tradimento.

Preliminarmente si precisa che l’assegno di mantenimento è un importo forfettizzato, stabilito in sede di separazione, la cui funzione si sostanzia nel fornire al coniuge economicamente più debole, sprovvisto di redditi propri, un sostegno. Nella maggior parte dei casi, l’assegno viene previsto a favore della moglie che non lavora o il cui reddito è significativamente inferiore a quello del marito. L’attribuzione dell’assegno avviene su richiesta  di parte e non può essere fissato d’ufficio dal giudice. Viceversa, il giudice può adottare, senza previa richiesta, i provvedimenti a tutela degli interessi materiali e morali della prole, compresa l’attribuzione del contributo al mantenimento (Cass. Ord. 14830/2017).

L’assegno di mantenimento ha una duplice funzione:

1) assistenziale, ovverosia un sostegno economico successivo alla cessazione della convivenza ma in continuità con essa;

2) perequativa, ossia equilibratrice, finalizzatanon già alla ricostituzione del tenore di vita esistente durante il rapporto, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dal coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale dei coniugi stessi (Ord. 5603/2020 in materia di divorzio).

L’assegno di mantenimento è previsto dall'articolo 156 del codice civile a mente del quale: “Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri.

L'entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell'obbligato..........”.

Ecco quindi che il codice civile precisa i presupposti per l’assegno di mantenimento:

A) il coniuge richiedente non deve aver subito l’addebito della separazione [il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio (art. 151 c.c.). L’addebito, quindi, consiste nell’attribuire, ove si riscontrino le circostanze, la colpa della fine dell’unione matrimoniale. L’addebito della separazione potrà applicarsi, solo nel caso di separazione giudiziale. Le conseguenza dell'addebito sono (i) la perdita del diritto all’assegno di mantenimento, (ii) la perdita dei diritti successori ma “ha diritto soltanto ad un assegno vitalizio se al momento dell’apertura della successione godeva degli alimenti a carico del coniuge deceduto”(art. n. 548 c.c.)];

B) il coniuge richiedente non deve disporre di adeguati redditi propri, ossia deve trovarsi in una condizione economica deteriore rispetto al coniuge obbligato [la valutazione dell’adeguatezza avviene mediante (i) un raffronto con la condizione economica dell’altro coniuge, (ii) considerando il tenore di vita goduto durante il matrimonio, nei limiti di cui appresso. In merito al tenore di vita, ricordiamo l’intervento delle Sezioni Unite (Cass SSUU 18287/2018): secondo la citata decisione, il parametro del tenore di vita va interpretato in chiave più restrittiva rispetto al passato e non può, da solo, giustificare la corresponsione dell’assegno; occorre, infatti, considerare altri elementi, quali il contributo dato dall’ex coniuge, la durata del matrimonio, le potenzialità reddituali e l’età. Quindi, la valutazione dell’adeguatezza deve riguardare la possibilità, per il coniuge richiedente, di raggiungere un livello reddituale adeguato al contributo dallo stesso fornito nella realizzazione della vita familiare];

C) l’altro coniuge deve avere la possibilità economica di provvedere al pagamento [il giudice deve considerare la condizione economica in cui versa il coniuge obbligato, ossia se questi abbia i mezzi per far fronte al pagamento del mantenimento. Tale valutazione avviene avendo riguardo al reddito netto dell’onerato e non al lordo (Cass. 9719/2010). Infatti, in costanza di matrimonio, la famiglia fa affidamento sul reddito netto e si rapporta ad esso].

Fatte queste doverose premesse si deve precisare che:

a) nell'ipotesi di tradimento non è automatico l'addebito della separazione;

In relazione a questo la Cassazione sostiene che: “per l’addebito della separazione l’indagine sull’intollerabilità della convivenza deve essere effettuata con una valutazione globale e con la comparazione delle condotte di tutti e due i coniugi, non potendo il comportamento dell’uno essere giudicato senza un raffronto con quello dell’altro.

Esclusivamente questa comparazione permette di riscontrare se e quale rilevanza essi abbiano avuto, nel verificarsi della crisi matrimoniale.

Il giudice deve accertare che la crisi coniugale sia ricollegabile al comportamento oggettivamente trasgressivo di uno o di entrambi i coniugi e che sussista, pertanto, un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati e il determinarsi dell’intollerabilità della convivenza, condizione per la pronuncia di separazione.

Questo significa, che si deve accertare se sia stato il tradimento del marito o della moglie a provocare la separazione o se il rapporto della coppia era in crisi al punto da causare il “cedimento” di lui o d lei. Questa situazione porterebbe a pensare che la vera causa della separazione non sia proprio l’infedeltà del marito o della moglie ma debba essere cercata nel percorso della loro convivenza.

A questo proposito, sempre la Cassazione ha determinato che: “l’inosservanza del dovere di fedeltà determina l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, giustificando così, di per sé, l’addebito al coniuge responsabile, salvo che questi dimostri che l’adulterio non sia stato la causa della crisi familiare, essendo questa già irrimediabilmente in atto, sicché la convivenza coniugale era ormai meramente formale” (Cass. sent. n. 11516/2014).

b) anche nell'ipotesi di addebito della separazione per infedeltà, non è automatico l'obbligo di versamento dell'assegno di mantenimento.

Secondo la Suprema Corte di Cassazione, l’infedeltà di uno dei due coniugi causa di addebito della separazione non comporta automaticamente l’obbligo dello stesso al pagamento dell’assegno di mantenimento alla moglie.

Nel caso di specie, le motivazioni della decisione si sono fondate in considerazione del fatto che la moglie, quale possibile destinataria dell’assegno di mantenimento fosse economicamente indipendente, svolgendo un’attività lavorativa capace di consentirgli un buon tenore di vita.

Gli Ermellini valutando con attenzione le loro condizioni economiche e lavorative, arrivano alla conclusione che entrambe le parti in causa potevano provvedere da sé al proprio sostentamento economico, conservando un tenore di vita analogo a quello goduto durante il matrimonio.

Alla luce di quanto stabilito, la Corte precisa che l’addebito della separazione per infedeltà coniugale non determina in maniera diretta e consequenziale il riconoscimento dell’assegno di mantenimento nei confronti della moglie (Corte di Cassazione, sentenza n. 22704 del 11-08-2021).

Avv. Alfredo Bonanni