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La prescrizione dei crediti erariali – dalla Sezioni Unite n.23397/2016, alla legislazione “d’urgenza” approvata a fronte dell’emergenza pandemica

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n.20213 depositata in data 08/10/2015 è tornata ad affrontare la dibattuta questione afferente la prescrizione da applicare ai crediti erariali (fiscali e contributivi/previdenziali) ossia se quella quinquennale (art. 2948 c.c.) o decennale (articolo 2946 c.c.), stabilendo l'operatività del termine prescrizionale quinquennale laddove il titolo esecutivo sia unicamente costituito dalla Cartella esattoriale dell'Ente di riscossione.

In particolare, secondo il ricordato opinamento, la prescrizione ordinaria decennale sarebbe tutta riferibile ai titoli di accertamento/condanna divenuti definitivi (inclusi quindi, a titolo esemplificativo, gli avvisi di accertamento dell'Agenzia delle Entrate) e non già invece alle cartelle esattive. In effetti, proseguono i giudici su tale aspetto, i provvedimenti esattoriali di Equitalia (ma non solo), sono adottati in virtù di procedure che consentono di prescindere dal previo accertamento dell'esistenza del titolo (atto di accertamento emesso direttamente dall'Ente impositivo) e, pertanto, le cartelle di pagamento non possono per questo considerarsi rette dall'irretrattabilità e definitività del titolo di accertamento.

A ciò si aggiunga - ad ogni modo - un ulteriore dato : al fine di rendere pacifica l'applicabilità del termine di prescrizione ordinario (dieci anni), il creditore chiamato in causa (sia l'Ente della Riscossione, sia l'Ente impositivo), dovrà produrre in giudizio il titolo definitivo della pretesa ossia il provvedimento amministrativo di accertamento o la sentenza passata in giudicato, emessi "antecedentemente all'emissione delle cartelle"; in difetto opererà la prescrizione quinquennale.

Come noto la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n.23397 del 17/11/2016 ha definitivamente affrontato la dibattuta questione circa l'individuazione del termine prescrizionale da applicare ai crediti erariali (fiscali e contributivi/previdenziali), statuendo definitivamente che: "“Il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. "conversione" del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell'art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti - in ogni modo denominati - di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l'opposizione, non consente di fare applicazione dell'art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo”"

Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre le cartelle di pagamento e/o comunque gli altri atti di riscossione coattiva emessi dall'AF, avendo natura di atti amministrativi, sono privi dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato.

Pertanto, in buona sostanza, se l’Agente della Riscossione non ha provveduto, a dare corso all'esecuzione forzata nel termine perentorio di cinque anni dalla notificazione di ogni singola cartella di pagamento, si potrà ricorrere alla competente Commissione Tributaria per chiedere la declaratoria della prescrizione delle cartelle di pagamento in parola, ricorso che, ovviamente, verrebbe interposto avverso l'intimazione di pagamento che, l'Agente della Riscossione avrà eventualmente notificato al contribuente.  

Orbene, i suddetti principi sono stati da ultimo ribaditi dalla Suprema Corte con l'ordinanza n. 4868 del 23 febbraio 2021 la quale ha confermato l'operatività del termine di prescrizione quinquennale dei crediti di natura previdenziale e/o erariale posti alla base degli atti di esazione.

Il detto opinamento deve però necessariamente coordinarsi con la decretazione d'urgenza normata dall'articolo 68, comma 1, D.L. n.18/2021 (c.d. Decreto Cura Italia) a mezzo della quale, come noto, sono stati prorogati sino al 31.08.2021 tutti i termini di prescrizione e decadenza la cui scadenza sarebbe normalmente ricaduta nel periodo 08/03/2020 - 31/08/2021.

L'Agenzia delle Entrate Riscossione, in sostanza, a far data dal 01/09/2021 ha ricominciato a notificare gli atti in precedenza sospesi. E' pertanto interessante verificare qual'è la sorte degli atti che, pur dovendo essere notificati, a pena di prescrizione, entro il 31.12.2020, siano stati, invece trasmessi ai destinatari, solo a seguito dello spirare del termine di sospensione e, quindi, a far data dal 01/09/2021.

Ebbene i detti atti potrebbero palesarsi tutti illegittimi in quanto tardivi.

E valga il vero:

In data 19 maggio 2020, l’art. 157, co. 1, del D.L. n. 34/2020 ha previsto due distinte fasi cui l'AF avrebbe dovuto assoggettare tutti gli atti in scadenza nel periodo intercorrente tra l’8 marzo 2020 ed il 31 dicembre 2020: nello specifico essi avrebbero dovuto essere emessi (firmati o elaborati), a pena di decadenza, entro il 31 dicembre 2020 (termine decadenziale verificabile tramite il QR-code presente nella prima pagina dell’avviso di accertamento; sulla scorta delle indicazioni contenute nella Circolare  AE n. 25 del 20 agosto 2021) e successivamente notificati, sempre a pena di decadenza, entro il 31 dicembre 2021.

Sempre in data 19 maggio 2020, l’art. 157, co. 6, del D.L. n. 34/202 ha previsto una condizione di efficacia circa l'operatività della suddetta proroga e, segnatamente, l’emanazione di un provvedimento ad hoc del direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Ergo. Sino alla effettiva adozione del mentovato provvedimento, le doppie decadenze previste dall’art. 157 del c.d. Decreto Rilancio, non avrebbero potuto spiegare alcuna efficacia.

Orbene, il citato provvedimento non ha formato oggetto di tempestiva approvazione entro il termine del 31/12/2020 siccome dettato dal ricordato articolo 157, comma 6 del Decreto Rilancio. Nè tale onere può considerarsi assolto dalla Circolare 25/E/2020 emessa dall'Agenzia delle Entrate atteso che la stessa ha solo una funzione esplicativa e quindi di mero vademecum circa le norme contenute nel decreto rilancio difettando di qualsivoglia specificazione delle modalità afferenti l'applicazione degli atti di esazione da emettere entro il termine del 31/12/2020 e da notificare entro il successivo 31/12/2021.

Successivamente sono intervenuti due successivi decreti e, segnatamente il D.L. n.3/2021 e il D.L. n. 7/2021 che hanno prorogato i termnini di notifica degli atti di esazione dapprima dal 31/01/2022 e, successivamente, al 28/02/2022.

A fronte delle suddette proroghe, mancava ancora l'emanazione del provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate previsto dal ricordato articolol 157, comma 6 del Decreto Rilancio.

Il D.L. n.3/2021 e il D.L. n. 7/2021 sono stati successivamente abrogati dalla legge n.3/2021 di conversione del D.L. n.183/2020, la quale ha inserito nel detto decreto, l'articolo 22 bis che, nel modificare l'articolo 157, comma 6 del Decreto Rilancio, ha confermato che gli atti di accertamento e riscossione aventi scadenza ricompresa nel periodo ricompreso tra il 08/03/2020 ed il 31/12/2020 avrebero dovuto, tassativamente essere emessi entro e non oltre il 31/12/2020 per poi essere notificati entro il successivo termine ricompreso tra il 01/03/2021 ed il 28/02/2022.

Pertanto, la suddetta disposizione normativa ha posto ordine e confermato il sopra citato doppio termine di decadenza; ma, al momento della promulgazione della stessa, mancava ancora l'emanazione del Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate, unico atto idoneo a dare effettività e compiutezza al ricordato doppio termine e, quindi, unico atto in grado di legittimare e rendere effettive e non contestabili le notifiche effettuate sino al 28/02/2022, degli atti in riferimento ai quali il termine prescrizionale sarebbe normalmente decorso al 31/12/2020.

Orbene, il succitato provvedimento previsto dal ricordato art.157, comma 6, del Decreto Rilancio, è stato emesso solo il 6 aprile 2021 (provvedimento AE n. 88314/2021) e, pertanto unicamente, da tale data, lo stesso dà efficacia al doppio termine di decadenza (formazione dell'atto entro il 31/12/2020 e notifica dello stesso, a pena di decadenza, entro il successivo 28/02/2022).

E' pertanto lecito, a tal punto, ed arriviamo alla logica conclusione della presente dissertazione, chiedersi quali siano le conseguenze che, la tardiva emanazione del Provvedimento di cui all'articolo 157, è in grado di produrre in relazione alle notifiche degli atti che avrebbero dovuto essere emessi entro il 31/12/2020 e che siano stati concretamente notificati a far data dalla seconda metà del 2021 e sino ad oggi.

Ebbene costituisce principio consolidato in diritto, quello secondo il quale, il termine di decadenza è prorogabile unicamente nel caso in cui la richiesta di proroga sia emanata o la proroga concessa prima della scadenza di tale termine (Cass. 4433/2020; Cass. 28073/2019; Cass. 1058/2019; Cass. 29087/2018; Cass. 12396/2009). Traslando il suesposto principio alla fattispecie in commento, non vi è chi non veda che, essendo stato emanato il provvedimento n.88314/2021 (atto necessario per la proroga della emissione e della notifica degli atti) solo nel 2021, e, quindi, solo successivamente alla scadenza del termine di decadenza ordinario (31/12/2020), la decadenza ordinaria non possa considerarsi validamente prorogata al 28/02/2022, essendo rimasta, pertanto, cristallizzata al 31/12/2020.

Conseguentemente, gli avvisi o le cartelle che normalmente avrebbero dovuto essere emessi e notificati entro il 31/12/2020, se notificati oggi, o comunque in epoca successiva al 31/12/2020, devono, ineluttabilmente, considerarsi illegittimi perché tardivi e, quindi, contestabili dinanzi alle competenti AA.GG.

Avv. Andrea Galiffa