Sentenza Corte Cassazione SS.UU. n. 35385/2023 - Il computo
della convivenza prematrimoniale ai fini della determinazione
dell'assegno divorzile.
Con l'importantissima sentenza n. 35385/2023, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha messo in
rilievo come la convivenza prematrimoniale, essendo ormai un fenomeno di costume sempre più
radicato nei comportamenti della nostra società, debba, al ricorrere di determinati presupposti,
essere necessariamente essere presa in considerazione ai fini della determinazione dell'assegno
divorzile.
La vicenda prende avvio dalle doglianze avanzate dall'ex moglie rispetto alla sentenza resa dalla
Corte d'Appello di Bologna che, secondo l'opinamento della ricorrente, avrebbe omesso di
considerare il contributo economico e personale apportato dalla medesima nella fase anteriore al
sorgere del vincolo matrimoniale.
La ricorrente suffragava le proprie prospettazioni, evidenziando come non vi fossero state
differenze tra il comportamento dei coniugi nella fase prematrimoniale e in quella coniugale,
soprattutto in riferimento alle scelte comuni di organizzazione della vita familiare e riparto dei
rispettivi ruoli.
In ordine a tale contestazione, le Sezioni Unite hanno anzitutto confermato che nel nostro
ordinamento sussiste indubbiamente una differenza tra matrimonio e convivenza, dato che la
convivenza di fatto, al contrario del matrimonio e dell'unione civile, rappresenta un modello
«familiare non a struttura istituzionale».
Purtuttavia, convivenza e matrimonio sono parimenti modelli familiari dai quali scaturiscono
obblighi di solidarietà morale e materiale, anche a seguito della cessazione dell'unione sia essa
istituzionale o meramente di fatto.
Fatte queste premesse i giudici di legittimità proseguono affermando che ai fini del riconoscimento
e della quantificazione dell'assegno divorzile, il criterio individuato dalle Sezioni Unite del 2018
risulta decisivo per affrontare anche il tema relativo ai rapporti tra convivenza e matrimonio, atteso
che, il criterio della durata del matrimonio assume, anche alla luce di quanto affermato dalla
Cassazione nel 2018, una rilevanza imprescindibile:
1) in riferimento alla valutazione del contributo che ciascun coniuge, per tutto il periodo in cui
l'unione matrimoniale era ancora esistente, ha dato alla formazione del patrimonio comune e/o del
patrimonio dell'altro coniuge;
2) in relazione all'età del coniuge richiedente e alla conformazione del mercato del lavoro, per
considerare le effettive potenzialità professionali e reddituali prefigurabili alla fine della relazione
matrimoniale".
In definitiva, la Corte ben consapevole della crescente diffusione sociale del fenomeno della
convivenza, ha ritenuto che la convivenza prematrimoniale, laddove si sia protratta nel tempo e sia
stata pertanto idonea a consolidare una divisione dei ruoli domestici a sua volta capace di creare
scompensi destinati a riverberare i propri effetti sul futuro matrimonio e sul divorzio che allo stesso
dovesse seguire, dovrà necessariamente necessariamente essere presa in considerazione anche ai
fini della determinazione dell'assegno divorzile.
Conclusa la disamina sugli aspetti testè riportati, la Suprema Corte ha provveduto ad enunciare il
seguente principio di diritto "Ai fini dell'attribuzione e della quantificazione, ai sensi dell'art. 5,
comma 6, l. n. 898/1970, dell'assegno divorzile, avente natura, oltre che assistenziale, anche
perequativo-compensativa, nei casi peculiari in cui il matrimonio si ricolleghi a una convivenza
prematrimoniale della coppia, avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto
di vita comune, dal quale discendano anche reciproche contribuzioni economiche, laddove emerga
una relazione di continuità tra la fase «di fatto» di quella medesima unione e la fase «giuridica»
del vincolo matrimoniale, va computato anche il periodo della convivenza prematrimoniale, ai fini
della necessaria verifica del contributo fornito dal richiedente l'assegno alla conduzione familiare
e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi, occorrendo vagliare
l'esistenza, durante la convivenza prematrimoniale, di scelte condivise dalla coppia che abbiano
conformato la vita all'interno del matrimonio e cui si possano ricollegare, con accertamento del
relativo nesso causale, sacrifici o rinunce, in particolare, alla vita lavorativa/professionale del
coniuge economicamente più debole, che sia risultato incapace di garantirsi un mantenimento
adeguato, successivamente al divorzio".
In ossequio al principio enunciato, la Corte ha accolto il ricorso spiegato dalla ricorrente
asseverando che, ai fini della determinazione dell'importo dell'assegno divorzile, avrebbe dovuto
necessariamente computarsi anche il periodo afferente la convivenza prematrimoniale.
Avv. Andrea Galiffa