Il nostro ordinamento riconosce e garantisce la proprietà privata. La legge ne determina i modi di acquisto, di godimento ed i limiti al fine di assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti (art. 42 cost.), quindi il proprietario ha diritto di godere e di disporre del proprio bene in modo pieno ed esclusivo (art. 832 c.c.). Viepiù. Ogni attività svolta dal terzo, volta a ledere e turbare l’uso e il godimento di cui sopra, legittima il proprietario ad agire per ottenere la cessazione della turbativa e, altresì, il risarcimento del danno patito.
Rileva l’art. 844 c.c. secondo il quale le immissioni di fumo, di calore, le esalazioni, i rumori e gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino sono da tollerarsi quando non superino la normale tollerabilità.
La norma in parola potrebbe trovare applicazione tutte le volte in cui l’immissione impedisce al proprietario di godere nel modo pieno e pacifico del proprio bene.
Ma che significa NORMALE TOLLERABILITA’?
Sulla tollerabilità delle immissioni la Cassazione n. 2757/2020 rappresenta che si considerano illecite, ai sensi dell’art. 844 c.c., anche quelle che, pur non superando la soglia limite previsto da appositi regolamenti, risultano intollerabili in relazione alla situazione ambientale e in base alle caratteristiche della zona e delle abitazioni degli abitanti (nello stesso senso: Cass. n. 1418 del 25.01.2006; Cass. n. 5157 del 1983)
Nel nostro ordinamento, però, è garantita ANCHE la libertà economica privata nonché il corretto esercizio delle attività PRODUTTIVE.
Sono interessi, nell’ambito dell’art. 844 c.c., spesso confliggenti tra loro.
Ne deriva che nell’applicare la norma di cui all’art. 844 c.c., nel valutare se l’immissione supera la normale tollerabilità, si deve, come del resto sempre, in forza di adeguate acquisizioni probatorie e si devono contemperare le diverse esigenze del soggetto da cui le immissioni provengono e del soggetto che invece se ne lamenta.
E sul danno? Sulla prova di detto danno?
La Cassazione ha affermato che, nei casi di accertato superamento della soglia di normale tollerabilità di cui all'art. 844, il danno da immissione è sussistente in re ipsa (C. 5844/2007).
Ma ha affermato anche il contrario.
Peraltro, come pacificamente sostenuto dalla giurisprudenza apicale “l'accertata esposizione ad immissioni sonore intollerabili non costituisce di per sé prova dell'esistenza di danno alla salute, la cui risarcibilità è subordinata all'accertamento dell'effettiva esistenza di una lesione fisica o psichica […]” (Cass. Civ. Sez. III. 10/12/2009 n. 25820). Ma vi è di più. Con la medesima sentenza, gli Ermellini cristallizzano il principio secondo cui “ […] in tema di danno alla salute da immissioni da rumore, la sussistenza delle immissioni denunciate come molestie o intollerabili non è sufficiente al fine di riconoscere il risarcimento del danno, né dell'esercizio a tal fine del potere discrezionale che l'art. 1226 c.c. conferisce al giudice del merito; esso è infatti rigorosamente subordinato al duplice presupposto che sia provata l'esistenza di danni risarcibili e che sia impossibile, o molto difficile, la dimostrazione del loro preciso ammontare, non già per surrogare la mancata individuazione della prova del danno nella sua esistenza” (Cass. Civ. Sez. III. 10/12/2009 n. 25820).
Nel 2017 si è giunti a pronuncia a Sezioni Unite: Il danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato, quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti. La prova del pregiudizio subito può essere fornita anche mediante presunzioni, sulla base delle nozioni di comune esperienza.
E’ evidente che il riconoscimento di un danno in re ipsa, non legittima comunque richieste sfornite di ogni attestazione probatoria.
Quanto ai rimedi giudiziari, in caso di immissioni intollerabili, il proprietario del fondo leso può esercitare:
- in primo luogo, una azione inibitoria, volta a richiedere la cessazione delle immissioni;
- in secondo luogo, una azione risarcitoria, volta ad ottenere il risarcimento del danno, patrimoniale e non, subito a causa delle immissioni medesime.
Strettamente connesso all’art. 844 c.c. (attenzione alla competenza per materia, in tale ambito) è l’art. 659 codice penale, sul quale si tornerà con altro lavoro.
Dott. Edoardo Manucci