Com’è noto, la fattispecie dell’accessione, disciplinata dall’articolo 934 del Codice civile, configura un modo di acquisto della proprietà a titolo originario in base al quale la proprietà di un bene si estende a ciò che si unisce ad esso per il fatto della incorporazione materiale, indipendentemente dalla scienza e dalla volontà del proprietario.
La regola dell’accessione, ricompattando e semplificando delle situazioni di appartenenza, mira a salvaguardare l’interesse generale al più razionale sfruttamento economico del suolo, ma soprattutto, costituisce un presidio alla certezza dei rapporti giuridici e alla sicurezza della circolazione della proprietà.
Ebbene, al fine di verificare la possibilità che l’accessione operi quando la proprietà del suolo sia comune a più soggetti ed uno solo abbia edificato sul suolo comune, si rende necessario evidenziare che- sul punto- si sono fronteggiati diversi orientamenti giurisprudenziali.
Secondo il primo indirizzo, il principio dell’accessione opererebbe anche nel caso di comunione, di talché la costruzione sul suolo comune, anche laddove sia stata eseguita da uno solo dei comunisti, diverrebbe anche essa comune salvo contrario accordo scritto.
Secondo l’opposto orientamento, invece, la fattispecie dell’accessione di cui all’articolo 934 del Codice civile, rileverebbe solo rispetto alle costruzioni di opere eseguite sul terreno altrui presupponendo che il “costruttore” sia terzo rispetto a proprietari del suolo.
Pertanto, poiché il proprietario “costruttore” non può essere considerato terzo rispetto agli altri comunisti, la fattispecie della costruzione eseguita da uno dei comproprietari sul suolo comune non può essere regolata dalle norme disciplinanti l’accessione ma da quelle regolanti la comunione.
In particolare, secondo tale giurisprudenza, la nuova costruzione sarebbe di proprietà comune a tutti i comunisti se eseguita in conformità delle regole di condominio e, dunque, con il rispetto delle norme sui limiti del comproprietario all’uso di cose comuni di cui all’articolo 1102 c.c. e 1108, terzo comma, c.c. e di proprietà del solo comproprietario “costruttore”, se eseguita in violazione della medesima disciplina.
Tale contrasto giurisprudenziale è stato risolto da una pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di cassazione le quali, dopo un’attenta disamina degli istituti coinvolti e degli orientamenti diffusi, hanno condiviso la posizione del primo indirizzo giurisprudenziale.
Precisamente, la Suprema Corte ha rilevato che l’accessione si applichi anche nel caso in cui il singolo comunista abbia realizzato la costruzione sul suolo comune ritenendo che tale fattispecie non sia subordinata alla sussistenza di un rapporto di alterità tra il comunista “costruttore” e i comunisti “non costruttori”: difatti, l’articolo 934 del Codice civile detta regola generale in materia di accessione non contenendo alcun riferimento soggettivo al costruttore e, come tale, è direttamente applicabile a tutte quelle fattispecie in cui l’incorporazione di piantagioni o materiali al suolo non trovi specifica disciplina in diverse disposizioni di legge tra le quali rientra, certamente, il caso in cui il suolo appartenga in comunione a più soggetti ed ino di essi abbia realizzato una costruzione sul suolo comune.
Inoltre, nella visione degli Ermellini, la disciplina giuridica della comunione punta a regolare i rapporti tra comproprietari nell’uso e nel godimento della casa comune, a fissare i limiti entro cui è consentito il compimento di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione del bene comune o sono permesse le innovazioni e la disposizione della cosa comune, con la garanzia delle ragioni delle minoranze, di talché nessuna delle norme che disciplinano la comunione è atta ad incidere sui modi di acquisto della proprietà o a mutare l’assetto della proprietà comune in modo da configurare una disciplina generale, ovvero una deroga rispetto all’accessione.
Di conseguenza, la costruzione eseguita dal comproprietario sul suolo comune diviene, per accessione, ai sensi dell’articolo 934 del Codice civile, di proprietà comune degli altri comproprietari, salvo accordo contrario, traslativo della proprietà sul suolo o costitutivo di un diritto reale su di esso, che deve rivestire la forma scritta ad substantiam.
Per quanto riguarda i rapporti tra comproprietario “costruttore” e comproprietario “non costruttore” si applica la disciplina giuridica relativa all’uso della cosa comune e delle innovazioni atteso che, l’opera sul suolo comune non deve pregiudicare il godimento della cosa comune da parte degli altri comproprietari.
Pertanto, se la costruzione è stata realizzata senza la preventiva autorizzazione o laddove essa pregiudichi il godimento della cosa da parte di tutti i comproprietari, il comproprietario che abbia subìto il pregiudizio può esercitare le ordinarie azioni possessorie nei confronti del costruttore e può, altresì, pretendere la demolizione dell’opera lesiva del proprio diritto.
Nel caso in cui, invece, il comproprietario “costruttore” abbia agito contro il divieto espresso dei comproprietari “costruttori”, questi, esercitando lo ius tollendi, potranno agire per ottenere il rispristino dello status quo ante.
Se lo ius tollendi non venisse esercitato i comproprietari “non costruttori” accettando la comproprietà del bene, potrebbero dover rimborsare al comproprietario “costruttore”, in porzione delle rispettive quote di proprietà, le spese sostenute per l’edificazione dell’opera.
Nell’ipotesi, invece, di consenso alla costruzione manifestato dal comproprietario “non costruttore”, pur non essendo idoneo a costruire un diritto di superficie o altro diritto reale vale a precludergli l’esercizio dello ius tollendi (Cfr. Cass. Civ., SS. UU., 16 febbraio 2018, n. 3873).
Dott.ssa Miriana Martoni