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Servitù di parcheggio: Sezioni Unite 2024

Le “servitù di parcheggio” alla luce della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n. 3925 del 13 febbraio 2024.

Preliminarmente appare utile evidenziare che le servitù prediali – a mente dell’articolo 1027 del Codice civile- consistono in un peso imposto sopra ad un fondo (cd. fondo servente)  per l’utilità di un altro fondo (cd. fondo dominante)  appartenente ad un diverso proprietario.

In sostanza, ciò che caratterizza tale diritto reale di godimento è sia la presenza di due fondi legati da un rapporto di vicinanza benché non necessariamente confinante, sia un’obiettiva utilità che un fondo può trarre dalla limitazione imposta al fondo vicino.

Inoltre, altro carattere fondamentale è la realità, la quale implica che il diritto di servitù segua eventuali trasformazioni della titolarità dei fondi, dal lato passivo e dal lato attivo, atteso che tale diritto va a beneficio sempre e solo del fondo.

Per quanto riguarda la servitù di parcheggio è stata oggetto di un profondo dibattito giurisprudenziale sviluppatosi tra due orientamenti: il primo, che respinge la fattibilità della costituzione ed il riconoscimento delle servitù di parcheggio in base al suddetto requisito della realità e il secondo che, invece, ammette la costituzione ed il riconoscimento della mentovata servitù poiché ritenuta assimilabile alle altre di carattere prediale.

In particolare, la prima tesi dottrinale e giurisprudenziale sostiene che il parcheggio di auto in aree altrui non possa annoverarsi nell’alveo delle servitù dovendo queste considerarsi quali manifestazione legittima di possesso a titolo di proprietà del suolo.

Da ciò ne consegue, nell’ottica dei fautori di tale posizione, che il semplice parcheggio di veicoli -anche se limitato ad una certa categoria di soggetti e su di un fondo specifico- non genera l’utilità, tipica delle servitù prediali, del fondo dominante su quello servente, bensì un’utilità di carattere personale e, in quanto tale, correlata al soggetto che usufruisce della sosta nonché al proprietario del fondo dominante  e non del terreno.  Così, il diritto trasferito sarebbe di natura personale ed obbligatoria e la traslazione dell’avente diritto al nuovo proprietario dovrebbe avvenire in forma scritta ed assumere la configurazione di negozi giuridici come locazioni, affitto, comodato ecc.

Il secondo orientamento, favorevole al novero del parcheggio tra i diritti di servitù, trae origine dal principio di autonomia contrattuale di cui all’articolo 1322 del Codice civile.

Precisamente, il percorso ermeneutico si sviluppa da un principio ormai consolidato nella giurisprudenza della Suprema Corte, in virtù del quale le parti possono ottenere risultati soddisfacenti per la tutela dei propri rispettivi interessi anche attraverso la stipula di contratti generanti effetti reali od obbligatori. Tale tesi, dunque, muove dalla tipicità strutturale anziché contenutistica dell’istituto de quo superando, così, la barriera posta dalla tipicità, a condizione che il diritto di parcheggiare a vantaggio e per comodità della persona o delle persone indicate nell’atto costitutivo risulti essere stato attribuito, appunto, come vantaggio in favore di altro fondo per la sua migliore utilizzazione.

Ebbene sulla scorta di tali premesse le Sezioni Unite della Corte di cassazione, con la sentenza in commento, hanno posto fine all’illustrato contrasto giurisprudenziale aderendo alla giurisprudenza favorevole all’ammissibilità di una servitù di parcheggio a condizione che la conformazione concreta del diritto, effettuata nell’atto costitutivo della servitù, rispetti tutti i requisiti prescritti dalla fattispecie astratta.

In particolare, gli Ermellini richiamano, a favore dell’ammissibilità di dedurre il diritto di parcheggiare l’auto all’interno dello schema reale della servitù, la legislazione sui vincoli di parcheggio: con l’art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765 il legislatore ha introdotto l’art. 41-sexies della legge urbanistica che, prevedendo che nelle nuove costruzioni debbano essere riservati spazi a parcheggio in misura non inferiore ad un metro quadro per ogni dieci metri di costruzione, ha condizionato l’edificabilità del fondo alla disponibilità del parcheggio. La giurisprudenza ha costantemente inquadrato il diritto sulle aree a parcheggio come diritto reale d’uso in favore dei condomini.

Dunque, diventa difficoltoso negare che l’utilità del parcheggio è strettamente inerente (anche) al fondo e l’ammissibilità della costituzione di una servitù volontaria di parcheggio per difetto di inerenza al fondo, poiché ciò comporterebbe una contraddizione in termini atteso che il parcheggio non sarebbe utile al fondo nonostante ne condizioni addirittura l’edificabilità.

Inoltre, la sentenza pone l’accento sul limite concesso all’autonomia privata nella costituzione della servitù di parcheggio: la servitù «non può mai tradursi in un diritto di godimento generale del fondo servente, il che determinerebbe lo svuotamento della proprietà di esso … nel suo nucleo fondamentale; insomma, la costituzione della servitù, concretandosi in un rapporto di assoggettamento tra due fondi, importa una restrizione delle facoltà di godimento del fondo servente, ma tale restrizione, pur se commisurata al contenuto e al tipo della servitù, non può, tuttavia, risolversi nella totale elisione delle facoltà di godimento del fondo servente». Da ciò si evince che l’asservimento del fondo servente deve essere tale da non esaurire ogni risorsa ovvero ogni utilità che lo stesso può dare e il proprietario deve poter continuare a fare ogni e qualsiasi uso del fondo che non confligga con l’utilitas concessa. Il “peso”, quindi,  non può sostanziarsi in tutte le facoltà di godimento del fondo servente.

In definitiva, i giudici di piazza Cavour, con la sentenza in parola, riconoscendo la possibilità di costituire una servitù di parcheggio, mettono altresì in evidenza la necessità di valutare due requisiti specifici richiesti per la valida costituzione della stessa: la specificità dell’utilità riservata (la servitù di parcheggio non potrà riguardare genericamente il godimento dell’area assegnata, ma dovrà concretizzarsi nella sua specificità in quanto il proprietario del fondo dominante avrà diritto ad utilizzare l’area assegnata sul fondo servente al solo scopo di parcheggiare la propria autovettura) e la localizzazione, intesa quale individuazione esatta del luogo di esercizio della servitù, non essendo concepibile una servitù di parcheggio che si estenda, a mera discrezione del titolare del fondo dominante, in qualsiasi momento e indistintamente su qualsiasi punto del fondo servente.

Avv. Miriana Martoni