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LA COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE: COSA È CAMBIATO CON LA RIFORMA CARTABIA?

La c.d. Riforma Cartabia (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150) è intervenuta, innanzitutto, modificando l’art. 78 comma 1 lett. d) c.p.p. secondo cui, oggi, la costituzione di parte civile deve contenere, a pena d’inammissibilità, l’esposizione delle ragioni che giustificano la domanda “agli effetti civili”. Di fatto la costituenda parte civile viene onerata dell’obbligo di formulare le proprie richieste risarcitorie e restitutorie, in sostanza la c.d. causa petendi, offrendo un’argomentazione chiara, precisa e puntuale. In realtà, secondo alcuni, la disposizione di che trattasi non sembra stravolgere il precedente assetto in quanto già nella previgente formulazione si prevedeva l’onere motivazionale, di particolare pregio, a pena d’inammissibilità, della domanda giudiziale avanzata. Non è mancato, difatti, chi ha inteso le parole “agli effetti civili” in un’ottica di puntualizzazione sul piano terminologico; d’altro canto, vi è chi ravvisa un nuovo onere per il danneggiato assimilando l’atto di costituzione di parte civile all’atto di citazione proposto in sede civile ex art. 163 c.p.c. Invero, se nella vigenza del precedente tenore della norma, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, era del tutto sufficiente, ad integrare la causa petendi cui si riferisce l’art. 78, comma 1, lett. d) cit., il mero richiamo al capo d’imputazione descrittivo del fatto allorquando il nesso tra il reato contestato e la pretesa risarcitoria azionata risultasse con immediatezza, ciò non può più bastare a fronte della nuova disciplina.

Sul punto sono intervenute le Sezioni Unite (sent. n. 38481 del 25 marzo 2023, dep. 21 settembre 2023) le quali hanno ritenuto che la causa petendi deve trovare una precisa determinazione secondo le forme prescritte per la domanda proposta nel giudizio civile, non essendo più sufficiente “far riferimento all’eventuale commissione di un reato” ma dovendosi “richiamare le ragioni in forza delle quali si pretende che dal reato siano scaturite conseguenze pregiudizievoli, nonché, il titolo che legittima a far valere la pretesa”. Le SS.UU. sono giunte a ritenere la piena equiparazione dell’atto di costituzione di parte civile all’atto di citazione nel giudizio civile. Ciò implica che le ragioni della domanda dovranno essere illustrate secondo il disposto dell’art. 163, comma 3, n. 4 c.p.c. con un’esposizione chiara e precisa delle medesime. In sostanza, il legislatore ha introdotto un quid pluris

al requisito della causa petendi, cosicché la specificazione di cui all’art. 78, comma 1, lett. d) c.p.p. non può definirsi un mero “modellamento cosmetico”.

Ne deriva la necessità per l’avvocato penalista di acquisire, ove non possedute, specifiche conseguenze in ambito civile al fine di elaborare un atto di costituzione che superi il vaglio di ammissibilità, nonché per il giudicante penale di altrettante competente civili per valutare l’adeguatezza dell’atto di costituzione di parte civile. In effetti, il legislatore lascia alla magistratura il compito di definire il contenuto indispensabile del “nuovo” atto di costituzione di parte civile, onde evitare la sanzione dell’inammissibilità.

Con la riforma, dunque, è richiesta una maggior precisione e puntualità nella formulazione delle domande restitutorie e risarcitorie e una chiara argomentazione in ordine al loro fondamento in termini civilistici. La domanda deve essere autosufficiente e completa anche al fine dell’eventuale translatio iudicii. Difatti, tra le novelle introdotte dalla Riforma Cartabia troviamo il comma 1 bis dell’art. 573 c.p.p. a tenore del quale quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, la sede naturale della trattazione è quella dinnanzi al giudice competente per materia e, dunque, il giudice civile. In sostanza si prevede la translatio iudicii innanzi al giudice civile che non compie alcun ulteriore e successivo vaglio di ammissibilità dell’atto di costituzione.

In conclusione, se prima dell’intervento della Corte di Cassazione non era ben chiaro se le parole “agli effetti civili” di cui all’art. 78, comma 1, lett. d) c.p.p. avessero una effettiva portata innovativa, a seguito della citata pronuncia a sezioni unite non vi sono più dubbi: nella redazione dell’atto l’avvocato penalista dovrà necessariamente interfacciarsi con l’art. 163 c.p.c. nella stesura della causa petendi.

Ulteriore novità introdotta riguarda la modifica del termine decadenziale previsto dall’art. 79 c.p.p.

Se prima della riforma l’articolo citato prevedeva che la costituzione di parte civile poteva avvenire per l’udienza preliminare e successivamente, fino a che non siano gli adempimenti previsti dall’art. 484 c.p.p., la nuova formulazione prevede che la parte offesa deve costituirsi parte civile, a pena di decadenza, all’udienza preliminare prima che siano ultimati gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, o, quando manca l’udienza preliminare, fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall’art. 484 o dall’art. 554 bis comma 2 c.p.p. Si tratta, pertanto, di una modificazione di non poco momento considerato il più breve termine di decadenza.

Dott.ssa Valentina Di Pancrazio