Sono strumenti di protezione patrimoniale quegli istituti che consentono di salvaguardare un patrimonio da tutti gli eventi che possono, in qualche modo, metterlo a rischio.
In particolare, un esempio emblematico di limitazione della responsabilità patrimoniale è rappresentato dal fondo patrimoniale, il quale – introdotto con la riforma del diritto di famiglia, attuata con la L. 151/1975- trova la propria disciplina nell’articolo 167 del Codice civile ed è assimilabile, per struttura e per funzioni, agli istituti di cui agli articoli 2447 bis (patrimoni destinati ad un specifico affare) e 2645 ter del medesimo codice.
I richiamati istituti, sebbene perseguano delle differenti funzioni, sono comunque accomunati dalla peculiarità di riuscire a creare una scissione patrimoniale mantenendo una unicità soggettiva.
Si tratta, infatti, di ipotesi in cui un soggetto andrà a destinare una parte del proprio patrimonio ad uno specifico interesse, conformando la sua proprietà e creando due categorie diverse di creditori: quelli funzionali, i quali potranno aggredire solo il patrimonio destinato e quelli generici che, invece, si rivolgeranno al patrimonio residuale.
Ciò posto, per quanto riguarda il fondo patrimoniale, a mente dell’articolo 167 c.c., ciascuno o entrambi i coniugi possono – per atto pubblico- costituire un fondo patrimoniale destinando peculiari categorie di beni – immobili, mobili registrati ovvero titoli di credito- ai bisogni e alle necessità della famiglia.
Tali beni essendo funzionalizzati alle necessità familiari finiscono per costituire un patrimonio separato e destinato ad uno scopo, quale la protezione e la tutela delle esigenze del nucleo familiare, rilevanti ex. artt. 2 e 29 della Costituzione nonché 8 CEDU, indubbiamente meritevole di tutela.
Da ciò ne consegue che tale meritevolezza è di per sé sufficiente a giustificare la previsione legislativa che consente, con la costituzione del fondo patrimoniale, di derogare alla generale previsione di cui all’articolo 2740, primo comma, c.c., a tenore della quale il debitore risponde dell’adempimento dell’obbligazione con tutti i suoi beni presenti e futuri.
Emerge, dunque, che il fondo patrimoniale si presenta particolarmente insidioso per la tutela delle ragioni del ceto creditorio poiché non solo i beni che ne costituiscono l’oggetto sono sottratti all’esecuzione rispetto a quei crediti nati per scopi estranei ai bisogni della famiglia, ma tale indisponibilità diminuisce la capienza della restante parte di patrimonio che costituisce la garanzia dei creditori generali.
Vero è che il terzo potrà certamente venire a conoscenza dell’esistenza del fondo patrimoniale a lui opponibile, in quanto, ai sensi dell’articolo 2647 c.c., l’atto costitutivo del fondo stesso dovrà necessariamente essere trascritto (oltre ad essere annotato a margine dell’atto di matrimonio).
Alla luce di quanto sino ad ora esposto emerge che l’istituto de quo si caratterizza per realizzare una separazione patrimoniale che riduce la garanzia patrimoniale generica e, dunque, potrebbe essere considerato pregiudizievole dai creditori antecedenti.
Trattasi, infatti, di un atto di disposizione del patrimonio del debitore che consente ai creditori di attuare diversi rimedi tra i quali, quello che riveste maggiore utilità, è da individuarsi nell’azione revocatoria, di cui al primo comma dell’articolo 2901 c.c., finalizzata ad ottenere una sentenza che dichiari l’inefficacia dell’atto dispositivo pregiudizievole.
Difatti, la mentovata azione non ha una natura recuperatoria, bensì cautelare ed una efficacia soltanto relativa atteso che l’atto dispositivo, venendo dichiarato inefficace soltanto nei confronti del creditore che ha agito vittoriosamente in revocatoria, è (e resta) valido per la platea di creditori inerti.
In ogni caso, i creditori sono tenuti ad agire entro le tempistiche prescrizionali previste dall’articolo 2903 c.c. (cinque anni dalla data dell’atto), dimostrando, altresì, gli stati soggettivi del debitore disponente.
Inoltre, è bene illustrare che al generale istituto della tutela di cui all’articolo 2901 c.c. sembra potersi affiancare il rimedio disciplinato dall’articolo 2929 bis c.c. utilizzabile dal creditore pregiudicato da un atto del debitore di costituzione di un vincolo di indisponibilità (quale si ritiene sia il fondo patrimoniale), qualora abbia ad oggetto beni immobili. In ogni caso, si specifica che il vincolo di indisponibilità, per essere aggredibile ai sensi dell’articolo 2929 bis c.c., dovrà essere compiuto non solo a titolo gratuito ma anche successivamente al sorgere del credito.
Precisamente, con lo strumento in parola, il creditore – munito di titolo esecutivo- potrà agire direttamente in esecuzione forzata senza dover preliminarmente ottenere la sentenza che dispone l’inefficacia del vincolo dispositivo, benché trascriva il pignoramento entro un anno: la maggior tutela garantita al creditore dall’azione in parola, rende l’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria residuale o, comunque, succedanea.
In definitiva, i creditori antecedenti al vincolo di destinazione potranno opporsi alla creazione dello stesso mediante l’efficace strumento di cui all’articolo 2929 bis c.c. o, in subordine, mediante l’azione revocatoria di cui all’articolo 2901 c.c.
I creditori successivi alla costituzione del vincolo di destinazione ben potranno conoscere la limitazione della garanzia patrimoniale generica grazie al meccanismo della trascrizione.
Pertanto, nella scelta di costituire di un fondo appare fondamentale avere riguardo al momento preciso in cui lo stesso si realizza, proprio al fine di evitare azioni di rivalsa dei creditori, i quali, come si è avuto modo di illustrare, dispongono di diversi strumenti per tutelare le proprie ragioni.
Dott.ssa Miriana Martoni