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Reato prescritto e liquidazione spese di costituzione della parte civile.

L’interrogativo è il seguente: in caso di declaratoria di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato, spetta la liquidazione delle spese alla costituita parte civile?

La soluzione è agevolmente rinvenibile leggendo 2 pronunce della Suprema Corte di Cassazione.

Sez. V penale, n. 27316/2019

Ai sensi dell'art. 578 c.p.p. e art. 541 c.p.p., comma 1, avendo la sentenza impugnata omesso di

pronunziare sulla condanna dell' imputata alla rifusione delle spese in suo favore, nonostante la

intervenuta conferma della sentenza di primo grado, il cui decisum conteneva espresse statuizioni di

condanna risarcitoria in favore della parte civile, doveva essere disposta la conseguente condanna alla rifusione delle spese di costituzione e difesa dalla stessa sostenuta.

Si è condivisibilmente affermato, infatti, che, in tema di pagamento delle spese processuali in favore

della parte civile costituita, attesa la pertinenza di una tale statuizione ad una domanda privatistica

innestata nel giudizio penale, il regime adottato dal legislatore in via ordinaria, con l'art. 541 c.p.p.,

comma 1, è fondato sul criterio di soccombenza, in analogia con quanto disposto all'art. 91 c.p.c. (Sez. 6, n. 31744 del 22/5/2003, Cosma, Rv. 225928).

La violazione del principio della soccombenza, in ordine al regolamento delle spese da parte del

giudice di merito, deve ravvisarsi soltanto nella ipotesi in cui l' imputato sia totalmente vittorioso, nel senso che lo stesso sia stato assolto con formula preclusiva dell'azione civile (Sez. 4, n. 44777 del

2/10/2007, Sasso, Rv. 238660; Sez. 4, n. 2637 del 4/12/2006, Galassi, Rv. 235894; vedi anche Sez. U, n. 6402 del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207946).

L' intervenuta prescrizione dei reati in appello, invero, non esclude, di per sè, che l' imputato possa

egualmente essere condannato al pagamento delle spese processuali, atteso che una tale declaratoria non costituisce indice di soccombenza (Sez. 6, n. 24768 del 31/3/2016, Caruso, Rv. 267317; Sez. 2, n. 3186 del 11/12/2012, dep. 2013, Montagna, Rv. 254448).

Ed infatti, nell' ipotesi di estinzione del reato per prescrizione l' imputato ben può essere ugualmente

condannato al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile, poichè, come detto,

l'unico limite che il giudice incontra è costituito dalla soccombenza della parte civile: solo nel caso in cui la domanda della parte civile sia ritenuta nel merito infondata, il giudice non può condannare

l' imputato al pagamento delle spese processuali in suo favore. Una tale conclusione si evince dalla

lettura coordinata dell'art. 541 c.p.p., comma 2, art. 442 c.p.p., comma 2, e art. 91 c.p.c., (cfr., in termini, in motivazione, Sez. 2, n. 3186 del 11/12/2012, dep. 2013, Montagna, Rv. 254448).

Già Sez. 6, n. 6764 del 1/12/1989, dep. 1990, Lascialfare, Rv. 184255 aveva chiarito che la condanna

dell' imputato alle spese sostenute dalla parte civile va pronunciata non soltanto nel caso di sentenza

di condanna o, comunque, di sentenza dalla quale sia derivato un vantaggio alla parte civile, ma anche, ad esempio, quando sia intervenuto un mutamento di qualificazione giuridica del reato dovuta a jus superveniens e una conseguente pronuncia di estinzione del reato per prescrizione.

Si è ritenuto, altresì, che il principio della effettiva soccombenza operi, consentendo il pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile, anche nel caso in cui l'assoluzione dell' imputato sia intervenuta in ragione di una depenalizzazione del reato (Sez. 3, n. 37419 del 16/3/2017, Tacconi, Rv. 270743 per l'ipotesi di trasformazione del reato in illecito civile ai sensi del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7).

Anche nel processo penale, pertanto, in caso di statuizione sulle spese processuali sostenute in

relazione alla istanza privatistica della parte civile, deve applicarsi l'opzione giurisprudenziale,

sostanzialmente pacifica nella Cassazione civile, secondo la quale "soltanto la parte interamente

vittoriosa non può essere condannata, neanche in minima quota, al pagamento delle spese

processuali": ex plurimis Cass. civ. Sez. 1, ord. n. 19613 del 4/8/2017 , Rv. 645187;

Cass. civ. Sez. 3, n. 406 del 11/1/2008, Rv. 601214.

Deve evidenziarsi, infine, che l'orientamento richiamato riguarda le ipotesi in cui la prescrizione o la depenalizzazione siano intervenute - come è nel caso di specie successivamente alla sentenza di primo grado ed all'affermazione di responsabilità in essa contenuta, che costituiscono il presupposto per l'affermazione di responsabilità civile e per la condanna alle conseguenti statuizioni civili.

E', infatti, assolutamente consolidata la giurisprudenza di questa Corte Suprema secondo cui la

decisione del giudice dell' impugnazione sugli effetti civili del reato estinto presuppone che la causa

estintiva sia sopravvenuta alla sentenza emessa dal giudice di primo grado che ha pronunciato sugli interessi civili, mentre, qualora la causa di estinzione del reato preesista alla sentenza di primo grado ed il giudice erroneamente non l'abbia dichiarata, non sussistono i presupposti di operatività dell'art. 578 c.p.p., poichè tale decisione presuppone una precedente pronuncia di condanna sulle statuizioni civili validamente emessa e gli effetti della sentenza di secondo grado devono essere riportati al momento in cui è stata emessa quella di primo grado (Sez. 5, n. 32636 del 16/4/2018, Suraci, Rv. 273502; Sez. 6, n. 33398 del 19/9/2002, Rusciano, Rv. 222426; Sez. U, n. 10086 del 13/7/1998, Citaristi, Rv. 211191. Vedi anche, nella stessa linea interpretativa, Sez. U, n. 46688 del 29/9/2016, Schirru, Rv.267884 secondo cui, in caso di sentenza di condanna relativa a un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile ai sensi del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, il giudice dell' impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, deve revocare anche i capi della sentenza che concernono gli interessi civili, fermo restando il diritto della parte civile di agire "ex novo" nella sede naturale, per il risarcimento del danno e l'eventuale irrogazione della sanzione pecuniaria civile).

All'esito della ricostruzione operata, deve concludersi con l'affermare il seguente principio di diritto:

l' intervenuta prescrizione dei reati in appello non esclude che l' imputato possa egualmente essere

condannato al pagamento delle spese processuali, atteso che una tale declaratoria non costituisce

indice di soccombenza.

Cass. Sez. II, 28558/2024

Non può essere, dunque, pronunciata condanna alle spese in favore della costituita parte civile in caso di estinzione del reato per prescrizione, intervenuta prima della sentenza di primo grado e da essa rilevata e dichiarata, posto che l'art. 541 cod. proc. pen. testualmente indica, quale presupposto della relativa statuizione di condanna, l'accoglimento della domanda di restituzione o di risarcimento del danno.

Ne consegue affermarsi che il giudice di primo grado che dichiara l'estinzione del reato per

prescrizione non provvedendo ad alcuna condanna al risarcimento del danno non può condannare l'imputato alla rifusione delle spese processuali in favore della costituita parte civile.

Differente è invece la disciplina in caso di sopravvenuta prescrizione nel corso del giudizio di appello o di cassazione; ed invero, in tali casi, vige la disciplina dettata dall'art. 578 cod. proc. pen. così che, l' imputato, essendo intervenuta una precedente pronuncia di condanna sulle statuizioni civili validamente emessa, il cui effetto viene mantenuto in appello o in sede di legittimità, può comunque essere condannato al pagamento delle spese in favore della parte civile, non essendo in tali limitati casi la prescrizione indice di soccombenza della domanda di parte civile.

Avv. Massimo Ambrosi