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Responsabilità colposa nei reati stradali. Cassazione, settembre 2024

LA RESPONSABILITA' COLPOSA NEI REATI STRADALI – CASSAZIONE penale, Sez. IV, sentenza 12 settembre 2024, n. 34383

Partiamo da un dato: il reato di lesioni colpose stradali si verifica quando un soggetto arreca ad un altro soggetto o a più soggetti, una lesione personale per colpa, ovvero a causa di una condotta negligente, imprudente o priva di perizia.  La colpa, pertanto, può essere individuata nella mancata osservanza delle norme dettate in materia di circolazione stradale: ad esempio, colui il quale circola su una strada ometta di dare la precedenza e per questa ragione provoca un sinistro stradale.

L'articolo 43 del codice penale recita testualmente che ".....è colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza  o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline" Tanto premesso si intende per  lesione personale un fatto dal quale deriva una malattia nel corpo o nella mente.

In materia di responsabilità colposa nei reati stradali si segnala la recente sentenza n. 34383 del 12 settembre 2024 della IV Sezione Penale della Corte di Cassazione la quale  ha espresso la seguente massima: al fine di determinare la sussistenza di una responsabilità colposa nell’ambito di un sinistro stradale il giudice non può ricorrere ad una valutazione ex post, risultando imprescindibile sotto il profilo logico-giuridico che l’accertamento venga svolto partendo da una determinazione ex ante del comportamento diligente.

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte è il seguente: un individuo veniva tratto a giudizio in ordine ai reati di omicidio colposo e lesioni colpose stradali, per aver causato la morte di un soggetto ed il grave ferimento di un altro tamponando il veicolo occupato dalle vittime. In particolare, veniva contestato all’imputato di aver causato il sinistro con colpa consistita nell’essersi distratto alla guida per prelevare una bottiglia di acqua, nonché con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale per non aver mantenuto, in violazione dell'art. 149cod. strada, le distanze di sicurezza tali da assicurare l'arresto tempestivo ed evitare la collisione con il veicolo che lo precedeva e per non aver adeguato la velocità alle condizioni di tempo e di luogo della guida.

Il Tribunale di primo grado condannava l’imputato per i reati a lui ascritti e la sentenza di condanna veniva poi confermata anche in appello. Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino proponeva ricorso per Cassazione fondato su tre motivi, di seguito enunciati nei termini strettamente necessari alla motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.), con i quali si deducono violazioni di legge e vizi cumulativi di motivazione.

Con il primo motivo veniva contestato che la Corte d'Apello, nell'accertare la responsabilità per colpa dell'imputato derivante dal mancato rispetto delle distanze di sicurezza, avrebbe condotto un giudizio ex post, senza prendere in considerazione il fatto che la vettura tamponata procedeva con le luci posteriori non azionate, così omettendo di valutare la rilevanza della condotta colposa del guidatore del veicolo tamponato quanto meno ai fini dell'attenuante di cui all'art. 589-bis, comma 7, c.p. Inoltre, la Corte d'appello sarebbe altresì incorsa in un doppio travisamento di mezzi di prova, uno per omissione e uno per invenzione.

In primo luogo, la distrazione alla guida da parte dell'imputato sarebbe stata accertata in ragione delle sole dichiarazioni rese dallo stesso nell'immediatezza dei fatti, quando aveva dichiarato di aver provato a prelevare una bottiglia nel corso della guida, senza tenere conto delle ulteriori dichiarazioni rese dallo stesso in sede di interrogatorio e in udienza, con cui aveva comunque precisato di non aver mai abbandonato il volante e di non aver mai distolto lo sguardo dalla strada.

In secondo luogo, la Corte territoriale avrebbe dato rilievo alla mancata contestazione da parte dell'imputato del verbale di applicazione della sanzione amministrativa per violazione dell'art. 149cod. strada, senza compiere alcun accertamento sul punto e non avvedendosi che, invece, detto verbale fosse invece stato oggetto di impugnazione innanzi al Giudice di pace.

Con il secondo motivo si deduceva l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, con riferimento specifico agli artt. 125 e 192 proc. pen., nonché vizio cumulativo di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza del nesso causale tra le lesioni riportate a causa del tamponamento e il decesso, in quanto accertato in ragione della documentazione sanitaria agli atti (referto di pronto soccorso, certificato di constatazione di decesso e certificato di riscontro diagnostico) ma in assenza di esame autoptico, ritenuto necessario dal ricorrente, e nonostante l’emersione di una pregressa cardiopatia della persona offesa, come riferita dal figlio della vittima per averlo appreso dai sanitari.

Con il terzo motivo di ricorso si deduceva l'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, con riferimento specifico agli artt. 125 e 192 c.p.p., nonché vizio di motivazione in merito al rigetto del motivo d'appello con cui era stata dedotta la rilevanza del mancato utilizzo delle cinture di sicurezza da parte del conducente del veicolo tamponato ai fini dell'applicazione dell'art. 589-bis, comma 7 c.p., in ragione del fatto che la Corte avrebbe escluso tale circostanza benché il verbale di accertamenti urgenti presente in atti contenesse l’indicazione: "l'utilizzo di cinture di sicurezza non viene accertato".

La Corte di Cassazione ha ritenuto parzialmente fondato il ricorso accogliendo la doglianza secondo cui la sentenza impugnata avrebbe omesso di motivare in merito alle critiche mosse con l'appello alla sentenza di primo grado circa la ritenuta distrazione alla guida da parte dell’imputato.

Invero la Corte d'Appello di Torino, nonostante le deduzioni difensive, ha preso in considerazione solo le dichiarazioni rese dall'imputato nell'immediatezze del fatto, per cui lo stesso non avrebbe fatto in tempo ad avvistare il veicolo che lo precedeva per essersi distratto nel prendere una bottiglia d'acqua, senza confrontarsi con le successive dichiarazioni, rese tanto in sede d'interrogatorio quanto nel processo, con le quali il predetto aveva precisato di non aver mai abbandonato il volante e di non aver mai distolto lo sguardo dalla strada.L'incompleta valutazione non è stata in alcun modo giustificata.

È altresì fondata la censura di manifesta illogicità della motivazione in relazione al fatto di aver valutato la responsabilità colposa dell'evento, per essere state violate le regole cautelari di cui agli artt. 141 e 149cod. strada, con giudizio a posteriori e senza considerare il carattere "elastico" delle norme predette.

Infatti, l'accertamento della violazione cautelare richiede la preliminare identificazione della regola che doveva essere osservata nel caso concreto: operazione talvolta agevole, ad esempio quando la regola cautelare è "codificata" ed ha contenuto sufficientemente determinato (si parla allora di regola cautelare rigida), ma spesso di notevole difficoltà, sia perché quella prescrizione va tratta dal patrimonio di conoscenze formatesi nel corpo sociale attraverso l'uso dei criteri euristici della prevedibilità e dell'evitabilità dell'evento pregiudizievole, sia perché non di rado la regola codificata non esaurisce il quadro disciplinare, concorrendo con regole non codificate.

Nella giurisprudenza di legittimità si parla, nell’ultima ipotesi sopra menzionata, di regola cautelare "elastica", ovvero che necessita, per la sua applicazione, di un legame più o meno esteso con le condizioni specifiche in cui l'agente deve operare. Invero, il giudice deve articolare il giudizio senza ricorrere a surrettizie valutazioni a posteriori, pena incorrere nel vizio di violazione dei canoni logico-giuridici nella motivazione del proprio convincimento. Nel caso di specie i giudici di merito affermano che siano stati violati l'art. 141Cod. strada, che impone di tenere una velocità "prudenziale", e l’art. 140cod. strada, che impone di mantenere una adeguata distanza dal veicolo che precede. Tuttavia, le norme non indicano in modo rigido quali siano la velocità prudenziale e la distanza adeguata: le stesse devono essere definite in relazione alle condizioni concrete nelle quali ci si pone l'atto della guida e devono essere individuate sempre con giudizio ex ante dal giudice, con riferimento al caso specifico, non essendo in alcun modo corretto sotto il profilo logico-giuridico che le stesse vengano determinate all'esito di una valutazione a posteriori.

In conclusione, l'individuazione della regola cautelare violata ai fini dell'individuazione della colpa non può prendere le mosse dall'evento verificatosi, per poi andare a ritroso, chiedendosi quali precauzioni avrebbero potuto impedirlo, così dandosi una risposta spesso ovvia.

Un simile ragionamento, frutto della nota distorsione cognitiva del "senno di poi" («hindsight bias»), renderebbe colposo qualsiasi comportamento umano causativo di danno, poiché è (quasi) sempre possibile, dopo l’evento, ipotizzare un comportamento alternativo corretto e idoneo a impedirlo. Invece, come acutamente osservato in un recente arresto di legittimità, la regola cautelare che si assume violata deve essere preesistente al fatto, nel senso che il comportamento doveroso basato sulla diligenza, prudenza e perizia ovvero su specifiche norma cautelari deve essere desunto in concreto ed ex ante, giammai ex post.

Da ultimo, la Corte di Cassazione censura altresì l’illogicità motivazione in merito alla mancata attivazione delle luci posteriori, circostanza rilevante poiché l’obbligo di mantenere una distanza prudenziale presuppone la visibilità del veicolo anteriore, nonché l’illogicità della motivazione in ordine al mancato utilizzo delle cinture di sicurezza da parte del conducente del veicolo tamponato, giacché l'assenza di elementi deponenti per l'uso del dispositivo viene mutata in sentenza nell'assenza di prova del mancato uso dello stesso, con palese inversione logica, neppure giustificata da apprezzamenti tecnici o dichiarativi.

Per tutte queste ragioni la Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello.

Avv. Alfredo Bonanni