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PROCURA SPECIALE CIVILE: SS.UU. 2022

I requisiti di validità della procura speciale alla luce della
Sentenza della Corte di Cassazione Sezioni unite civili n.
36057/2022.

La pronuncia in commento è stata resa dalle Sezioni Unite della Suprema Corte a seguito dell'ordinanza
interlocutoria con cui la Sesta Sezione Civile ha sollecitato un intervento interpretativo volto ad individuare, una volta per tutte, i requisiti che deve soddisfare la procura speciale conferita ai sensi dell'art. 365 cpc.
La Sezione remittente, osserva che, secondo un risalente e consolidato indirizzo giurisprudenziale espresso dalla sentenza 10 marzo 1998, n. 2642, delle Sezioni unite, a seguito delle modifiche dell'art. 83 c.p.c. introdotte dall'art. 1 della l. 27 maggio 1997, n. 141, quando dalla copia notificata all'altra parte risulta che il ricorso per cassazione (o il controricorso) presentano a margine o in calce, ovvero in foglio separato ad essi unito materialmente, una procura rilasciata al difensore che ha sottoscritto l'atto, tale procura, salvo che dal suo testo non si rilevi il contrario, deve considerarsi conferita per il giudizio di cassazione e soddisfa perciò il requisito della specialità previsto dall'art. 365 c.p.c. anche se non contiene alcun riferimento alla sentenza da impugnare o al giudizio da promuovere. Depone per la validità di siffatta procura l'art. 83 c.p.c. (nella nuova formulazione risultante dalla l. n. 141 del 1997) il quale, interpretato alla luce dei criteri letterale, teleologico e sistematico, fornisce argomenti per ritenere che la posizione topografica della procura (il cui rilascio può ora avvenire oltreché in calce e a margine dell'atto anche in un foglio separato, ma congiunto materialmente all'atto) è idonea, al tempo stesso, a conferire la certezza della provenienza dalla parte del potere di rappresentanza e a dar luogo alla presunzione di riferibilità della procura stessa al giudizio cui l'atto accede.
Questo indirizzo, confermato da una serie innumerevole di pronunce successive, rappresenta, per l'ordinanza interlocutoria, «il punto di equilibrio tra due orientamenti, facenti capo a distinti principi di diritto»: il primo stabilisce che il criterio per valutare il requisito della specialità richiesto dall'art. 365 c.p.c. non è lo stesso se la procura, anziché essere collocata in calce o a margine del ricorso, sia rilasciata con un atto autonomo; il secondo, invece, è nel senso che il criterio di valutazione è il medesimo, sia qualora la procura sia rilasciata a margine o in calce al ricorso sia nel caso in cui «sia rilasciata su un foglio separato ma materialmente congiunto al ricorso stesso».
L'orientamento delle Sezioni unite, però, sarebbe stato in qualche modo rivisto e modificato da recenti «più rigorosi indirizzi», in base ai quali il ricorso per cassazione è da ritenere inammissibile se la procura, apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso stesso, contiene «espressioni incompatibili con la specialità richiesta e dirette piuttosto ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali».
L'ordinanza interlocutoria ricorda che sono intervenute alcune recenti novità normative che potrebbero
indurre a rimeditare il problema.
In primo luogo, vengono richiamate le modifiche conseguenti all'introduzione del processo civile telematico anche nel giudizio di cassazione, con conseguente ulteriore interpolazione dell'art. 83 c.p.c. ad opera dell'art. 45 della l. 18 giugno 2019, n. 69.
Nel testo attuale, infatti, la procura si considera apposta in calce anche se rilasciata «su documento
informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all'atto cui si riferisce mediante strumenti
informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia». Nel caso in cui, invece, la
procura sia stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici «ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale».
Tali modalità dovrebbero, in prospettiva, diventare «tendenzialmente esclusive», e si tratta di forme nelle
quali la connessione materiale tra la procura speciale firmata dalla parte e l'atto difensivo cui essa accede
risulta ancor meno effettiva rispetto alla procura conferita su foglio a parte materialmente congiunto al
ricorso.
Allo stesso modo, osserva l'ordinanza interlocutoria, va ricordata la recente normativa in tema di protezione internazionale (art. 35-bis, comma 13, del d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25) la quale, allo scopo di dimostrare la posteriorità della data di conferimento rispetto a quella del provvedimento impugnato, prevede l'inammissibilità del ricorso per cassazione in caso di mancata certificazione, da parte del difensore, della data di rilascio della procura in suo favore.
Tanto la disciplina del processo telematico quanto la disposizione ora richiamata in materia di protezione
internazionale forniscono argomenti sia favorevoli che contrari rispetto all'orientamento fatto proprio dalle Sezioni unite nella citata sentenza n. 2642 del 1998.
La Sesta Sezione afferma, quindi, che l'intervento delle Sezioni unite è necessario per garantire la certezza e l'uniformità delle interpretazioni, dal momento che si profilano due diverse opzioni.
Da un lato, l'interpretazione secondo cui «sarebbe sempre e comunque necessario che la procura per il
giudizio di cassazione risulti speciale in base al suo contenuto (e non in base ad una mera collocazione
topografica) e, quindi, sarebbe sempre necessario che la stessa indichi la sentenza da impugnare ovvero,
quanto meno, individui con assoluta certezza il giudizio per il quale viene rilasciata, ai fini del ricorso per
cassazione».
Da un altro lato, invece, l'altra interpretazione secondo cui «basterebbe verificare che il difensore abbia
correttamente effettuato l'operazione di "congiunzione" o "allegazione" della procura al ricorso cui accede, in tal modo implicitamente attestando, secondo le modalità previste dalla legge, di avere sottoposto il ricorso stesso, già completo, all'esame della parte, che ha avuto quindi la possibilità di prenderne visione».
Si tratta, secondo la Sezione rimettente, di una questione di massima di particolare importanza che può porsi «in una serie indefinita di ricorsi aventi ad oggetto le più svariate materie». Le Sezioni unite, quindi,
dovrebbero stabilire se il requisito della specialità della procura di cui all'art. 365 cit. possa essere soddisfatto anche solo in base al criterio topografico e indicare, in caso di conferma di detto criterio, quali siano le ipotesi nelle quali il testo della procura sia tale da ritenere incompatibile col requisito di specialità previsto dalla norma suindicata.
Il quadro normativo.
Le Sezioni unite hanno ritenuto innanzitutto di dover anteporre una breve ricapitolazione delle norme
rilevanti.
Il punto di partenza è l'art. 83 c.p.c., il cui secondo comma dispone che la procura alle liti può essere
generale o speciale: è generale se viene conferita per un numero indefinito di controversie, è speciale se
riferita ad una causa determinata; in relazione al ricorso per cassazione l'art. 365 c.p.c. impone che la procura sia speciale e venga sottoscritta da un avvocato iscritto nell'apposito albo. Mentre, di regola, la procura alle liti deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata (art. 83, secondo comma, cit.), il successivo terzo comma riconosce al difensore il potere di autenticazione della firma in calce (cioè alla fine) o a margine dell'atto di inizio di ogni fase (citazione, comparsa di risposta, ricorso, controricorso, precetto etc.).
L'art. 83, terzo comma, ha subito, nel tempo, alcuni importanti modifiche.
In particolare, l'art. 1 della l. 27 maggio 1997, n. 141, ha interpolato nel testo di quel comma il seguente
inciso: «La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all'atto cui si riferisce». Successivamente, l'art. 45, comma 9, lett. b), della l. n. 69 del 2009 ha aggiunto, di seguito all'inciso precedente, la seguente frase: «, o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all'atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia». L'art. 45, comma 9, lett. c), della l. n. 69 del 2009 ha poi aggiunto, nel testo dell'art. 83, terzo comma, cit., un ulteriore periodo che così dispone: «Se la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici etrasmessi in via telematica».

L'ultimo comma dell'art. 83 c.p.c. stabilisce, infine, che la procura speciale «si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo quando nell'atto non è espressa volontà diversa».
In relazione, specificamente, al ricorso per cassazione, l'esistenza di una procura speciale validamente
conferita è essenziale. Ciò risulta dall'art. 366, primo comma, n. 5), c.p.c., a norma del quale il ricorso deve
contenere, a pena di inammissibilità, «l'indicazione della procura, se conferita con atto separato», nonché
dall'art. 369, secondo comma, n. 3), il quale dispone che insieme al ricorso debba essere depositato in
cancelleria, a pena di improcedibilità, la procura speciale, se conferita con atto separato. Nello stesso senso depone, anche se indirettamente, l'art. 125 c.p.c., secondo cui, mentre di regola la procura al difensore «può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell'atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata» (secondo comma), tale possibilità non sussiste quando la legge richiede che il difensore sia munito, per il compimento dell'atto, della procura speciale.
Lo status della giurisprudenza prima della riforma di cui alla l. n. 141 del 1997 .
Il problema della validità della procura alle liti - sia da un punto di vista generale che, specificamente, in
relazione al ricorso per cassazione, per il quale la legge esige, per comprensibili ragioni, una particolare
attenzione - ha affaticato a lungo la giurisprudenza della Corte.
Le Sezioni unite, con la sentenza 6 agosto 1977, n. 3571, già affermarono che le forme di cui all'art. 83 cit.
per il conferimento della procura alle liti sono fondate sulla necessità di assicurare la certezza dell'esistenza e della tempestività della procura stessa e, quindi, la riferibilità alla parte dell'attività svolta dal difensore.
Nel solco di tale insegnamento le Sezioni unite, con la successiva sentenza 22 novembre 1994, n. 9869,
furono chiamate ad affrontare il problema, oggetto di pronunce contrastanti, della validità o meno della
procura alle liti apposta su foglio separato, unito con punti metallici all'atto del processo, con sottoscrizione autenticata dal difensore. Componendo il contrasto di giurisprudenza, quel Collegio partì dalla premessa per cui il difensore non è munito di un potere certificatorio generale, bensì soltanto di quello, eccezionalmente conferitogli dall'art. 83, terzo comma, c.p.c., di autenticare la sottoscrizione della parte che gli ha rilasciato la procura solo nell'ipotesi che questa gli sia conferita in calce o a margine degli atti in tale norma espressamente indicati. E, sulla base di tale premessa, che rispondeva alla formulazione dell'art. 83 cit. allora vigente, le Sezioni unite stabilirono che è affetta da nullità la procura autenticata dal difensore e rilasciata su un foglio staccato dall'atto processuale cui accede e legato allo stesso da una spilletta. Simile procura, infatti, non poteva considerarsi apposta in calce all'atto, perché non forma con esso un corpo unico, ed era priva dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo (art. 156, secondo comma, c.p.c.) perché «la norma non attribuisce in questa ipotesi al difensore il potere certificatorio».
Le Sezioni unite tornarono sull'argomento nella successiva sentenza 27 ottobre 1995, n. 11178.
In quella pronuncia fu affrontato un problema diverso, e cioè quello della possibilità o meno di qualificare
"speciale" una procura conferita per la proposizione del ricorso per cassazione - in quel caso si trattava del ricorso incidentale - in una data certamente successiva a quella di pubblicazione della sentenza impugnata e a quella di notificazione del ricorso principale, ma tuttavia con una formulazione priva di un esplicito riferimento al ricorso per cassazione e al grado del processo per il quale essa era stata conferita. Dopo aver ricordato che il requisito della specialità della procura non sussiste se essa è conferita prima della pubblicazione del provvedimento impugnato col ricorso, quella sentenza rilevò essere non infrequente, nella pratica giudiziaria, il caso di una procura che «non espliciti in modo chiaro la volontà che sia proposto ricorso per cassazione e, anzi - per essersi fatto ricorso all'uso di timbri predisposti per altre evenienze o per poter essere impiegati in ogni circostanza - dia adito al sorgere della questione se una procura speciale, nel senso richiesto dall'art. 365 c.p.c., vi sia o no».
Componendo il contrasto interpretativo che era sorto sul punto, le Sezioni unite posero in luce la necessità «di indagare la volontà della parte senza limitarsi al senso letterale delle parole (art. 1362, primo comma, c.c.), impiegando gli altri criteri ermeneutici indicati dagli artt. 1363 e ss. c.c., in quanto compatibili con la struttura dell'atto». Fu quindi affermato che l'impiego di «espressioni di significato non univoco» o «un'esemplificazione non appropriata al caso» non erano tali da escludere «un'interpretazione dell'atto conforme alla presumibile intenzione della parte». Assumendo come criterio interpretativo il principio di conservazione degli atti (art. 159 c.p.c.), quella sentenza pervenne alla conclusione che «se la certezza sul fatto che la procura è stata apposta a margine d'un ricorso o controricorso già redatto esclude per sé ogni dubbio sulla volontà della parte di proporlo, quale sia stato il tenore dei termini usati nella redazione della procura; la mancanza d'una prova siffatta e la conseguente incertezza al riguardo dell'effettiva portata della volontà della parte manifestatasi attraverso espressioni non univoche o generiche ovvero attraverso l'impiego di esemplificazioni non appropriate, non può tradursi in una pronunzia di inammissibilità del ricorso per mancanza di procura speciale, ma va superata attribuendo alla parte la volontà che consente all'atto di procura di avere effetto».
Gli sviluppi successivi alla riforma di cui alla l. n. 141 del 1997 e la sentenza n. 2642 del 1998.
Intervenuta la legge qui indicata le Sezioni unite furono nuovamente chiamate a pronunciarsi sulla questione e lo fecero con la sentenza 10 marzo 1998, n. 2642 (ricordata nell'ordinanza interlocutoria).
Questa decisione si pose in continuità con la sentenza n. 11178 del 1995, in quanto esordì ribadendo che, se dalla copia notificata alla controparte risulta che il ricorso per cassazione o il controricorso contengono una procura rilasciata al difensore che ha firmato l'atto, «tale procura - salvo che dal suo testo non si rilevi il contrario - deve considerarsi conferita per il giudizio di cassazione e costituisce perciò una valida procura speciale, anche se non contiene un riferimento alla sentenza da impugnare o al giudizio da promuovere».
In relazione, poi, alla novità introdotta dalla l. n. 141 del 1997 nel testo dell'art. 83, terzo comma, c.p.c., le
Sezioni unite rilevarono che la modifica, pur essendo in apparenza dettata per regolare il caso della procura redatta su foglio separato, doveva indurre a ripensare più in generale il problema della specialità della procura. Quella sentenza dichiarò, quindi, che l'obiettivo primario del legislatore era quello di «porre rimedio al problema aperto dalla sentenza n. 9869 del 1994 delle Sezioni unite, piuttosto che quello di introdurre e disciplinare soltanto un nuovo modo di conferire la procura speciale». Richiamati alcuni passaggi dei lavori parlamentari, le Sezioni unite osservarono che la vera ragione della riforma era quella di «evitare di favorire atteggiamenti cavillosi, che producano la sconfitta della giustizia». Nella motivazione si legge che, per dare attuazione alla voluntas legis, «si deve evitare di perpetuare una giurisprudenza esasperatamente casistica, quale inevitabilmente si riprodurrebbe continuando a ricercare nella procura conferita su foglio separato indici di riferimento all'atto, cui la procura è stata unita dal difensore».
Quella sentenza, quindi, formulò in modo chiaro un concetto che è stato poi molte volte ripreso, e cioè quello dell'importanza del c.d. criterio topografico. Si legge ancora in motivazione che «la procura speciale, redatta in margine o in calce ad un determinato atto (e attualmente anche in un foglio separato congiunto materialmente all'atto), deve ritenersi rilasciata per il giudizio cui l'atto stesso si riferisce. Pertanto, anche per il giudizio di legittimità non sembra infondato inferire che la procura rilasciata in margine, in calce o in un foglio separato ma unito al ricorso (o al controricorso) si riferisca al giudizio di cassazione. In definitiva, dalla disposizione dell'art. 83 cpv. cit. può argomentarsi che la posizione topografica della procura conferisca la certezza della provenienza dalla parte del potere di rappresentanza e che, ad un tempo, dia luogo alla presunzione di riferibilità della procura stessa al giudizio cui l'atto accede». Tale presunzione, peraltro,
secondo quanto già indicato dalla suindicata sentenza del 1995, non opera in presenza «di espressioni, che univocamente conducano ad escludere l'intenzione della parte di rilasciare la procura per proporre ricorso per cassazione».
Nessun dubbio sussiste dunque, secondo questa decisione, circa la piena equipollenza, conseguente al
mutamento legislativo, tra procura redatta a margine, in calce o su foglio separato unito al ricorso o al
controricorso, perché il criterio topografico assume un ruolo decisivo.
La giurisprudenza successiva.
L'orientamento inaugurato dalla sentenza n. 2642 del 1998 è stato molte volte ribadito dalla giurisprudenza successiva, fino ai giorni nostri.
In anni più recenti, però, come correttamente ha rilevato l'ordinanza interlocutoria, si è andato manifestando un orientamento diverso, più rigoroso, che in qualche misura è in contrasto con quello indicato dalla sentenza n. 2642 del 1998 delle Sezioni unite.
Si tratta di una serie di pronunce, piuttosto numerose, che hanno dichiarato l'inidoneità della procura
speciale, con conseguente inammissibilità del ricorso per cassazione, in riferimento a procure redatte su
foglio separato e aventi un contenuto ritenuto non idoneo allo scopo.
È stato affermato, ad esempio, che è inammissibile il ricorso per cassazione allorquando la procura, apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ai sensi dell'art. 83, terzo comma, c.p.c., contenga espressioni incompatibili con la proposizione dell'impugnazione ed univocamente dirette ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali (ordinanza 24 luglio 2017, n. 18257).
A conclusione della ricostruzione fin qui compiuta, occorre ricordare che in tempi recentissimi le Sezioni
unite sono ulteriormente tornate sul problema dei requisiti di validità della procura speciale ai fini
dell'ammissibilità del ricorso per cassazione, con due pronunce emesse a breve distanza di tempo.
La prima decisione è la sentenza 1° giugno 2021, n. 15177, avente ad oggetto la delicata questione della
procura speciale nei giudizi di protezione internazionale (art. 35-bis, comma 13, del d.lgs. n. 25 del 2008). Si tratta di una pronuncia che chiarisce ancora - ove mai ve ne fosse bisogno - che la norma speciale ora
indicata «ha inteso modificare l'accesso al giudizio di legittimità rispetto alle ordinarie ipotesi contemplate dalla disciplina processuale ordinaria, prevedendo, per le controversie disciplinate dall'art. 3 del d.lgs. n. 25/2008 e da quelle che allo stesso hanno successivamente rinviato, che la procura speciale debba necessariamente ed indefettibilmente essere rilasciata dal ricorrente in epoca successiva alla comunicazione del provvedimento sfavorevole». Tale potere certificatorio, hanno chiarito le Sezioni unite, «non può dunque ritenersi mera declinazione del sistema di cui all'art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3), e art. 125, comma 3, c.p.c., essendosi demandato al difensore un atto ben distinto ed ulteriore di fidefacienza circa il conferimento della procura posteriore alla comunicazione del decreto impugnato, che si aggiunge all'autonomo potere
asseverativo demandato al difensore quanto all'autenticità della firma».
Ne viene quindi confermato che, di regola, il potere certificatorio del difensore è limitato alla firma e non
include altro, tanto che il legislatore, quando ha voluto conferire al difensore il potere-dovere di certificare anche la data, ha ritenuto di doverlo dire espressamente.
Più vicina al problema oggi in esame è la sentenza 19 novembre 2021, n. 35466, alla quale l'ordinanza
interlocutoria si è richiamata per giustificare l'ulteriore rimessione alle Sezioni unite della questione.
In quella sentenza è stato enunciato il seguente principio di diritto: «L'incorporazione della procura rilasciata ex art. 83, terzo comma, c.p.c. nell'atto di impugnazione estende la data di quest'ultimo alla procura medesima, per cui si presume che quest'ultima sia stata rilasciata anteriormente alla notifica dell'atto che la contiene. Pertanto non rileva, ai fini della verifica della sussistenza o meno della procura, l'eventuale mancata riproduzione o segnalazione di essa nella copia notificata, essendo sufficiente, per l'ammissibilità del ricorso per cassazione, la presenza della procura nell'atto originale».
La soluzione della questione.
Le Sezioni unite ritengono che la soluzione del problema debba prendere avvio da una constatazione in sé semplice ma che, tuttavia, continua a dividere la giurisprudenza. Infatti, le sentenze che hanno ripreso e
confermato l'orientamento espresso dalle Sezioni unite nella sentenza n. 2642 del 1998 sono state
pronunciate, per quanto risulta, in casi nei quali la procura speciale per la proposizione del ricorso per
cassazione (o del controricorso) era stata redatta a margine o in calce all'atto. Viceversa, le decisioni
espressive di quello che l'ordinanza interlocutoria definisce come orientamento più rigoroso, sono state
emesse in casi nei quali la procura era stata conferita con un atto separato.
Questa distinzione - la quale, benché non formalmente enunciata, rimane sottesa al contrasto di
giurisprudenza - deve essere, ad avviso del Collegio, definitivamente superata, in modo che l'approdo
interpretativo definitivo valga tanto per le procure redatte a margine o in calce quanto per quelle redatte su atto separato.
Il punto di partenza, quindi, deve essere per la Corte quello che si è detto, per la semplice ragione che
mantenere la citata distinzione è in contrasto con la riforma di cui alla l. n. 141 del 1997. La ricostruzione
storica effettuata dimostra che quell'intervento legislativo aveva proprio questo esplicito obiettivo, ossia
equiparare la procura rilasciata su foglio separato, che sia però congiunto materialmente all'atto cui si
riferisce, alla procura redatta a margine o in calce. Esigere dalla procura scritta su foglio separato un
qualcosa di più equivale a travisare il senso di quella fondamentale riforma e a riportare indietro, se così si
può dire, l'orologio del tempo.
Partendo da questa premessa, le Sezioni unite ritengono di comporre il contrasto di giurisprudenza dando continuità all'orientamento già espresso nelle due fondamentali sentenze n. 11178 del 1995 e n. 2642 del
1998.
Due devono essere, ad avviso delle Sezioni unite, i fari che orientano l'attività di valutazione dell'idoneità o meno della procura speciale ai fini della proposizione del ricorso per cassazione (come del controricorso e
degli atti equiparati): da un lato, la piena valorizzazione del criterio della collocazione topografica e,
dall'altro, il principio di conservazione degli atti giuridici che, fissato come norma generale in materia di
interpretazione dei contratti (art. 1367 c.c.), sussiste anche in materia processuale (art. 159 c.p.c.).
In sostanza la Corte afferma che la sicura riferibilità al difensore della procura redatta a margine o in calce al ricorso sussiste anche per quella redatta su un atto separato ma congiunto materialmente al medesimo.
Tale parificazione è, in effetti, una presunzione che dà attuazione al principio di conservazione dell'atto; di
talché, la procura redatta su foglio separato ma materialmente congiunto è da ritenere valida «in difetto di espressioni che univocamente conducano ad escludere l'intenzione della parte di proporre ricorso per
cassazione».
Il Collegio, nella propria argomentazione, dimostra di essere consapevole del fatto che non mancano, anche da parte della dottrina, sollecitazioni nel senso di esigere un qualcosa di più affinché la procura possa essere considerata speciale e, quindi, idonea ai fini dell'art. 365 c.p.c.; in questo senso, provando a formulare
un'ipotesi, si potrebbe richiedere che essa indichi il numero e l'anno del provvedimento impugnato, in modo da garantire la sicura posteriorità della stessa rispetto a quel provvedimento.
Le Sezioni Unite ritengono però tale opzione non percorribile per almeno due ragioni.
Da un lato, perché deve valere in questo campo la vecchia massima ubi voluit, dixit; e di questo si trae
conferma proprio dalla norma speciale di cui si è detto a proposito della protezione internazionale.
Da un altro lato, e con grande forza, le Sezioni unite hanno inteso ribadire che l'avvocato che propone un
ricorso per cassazione, il quale deve essere iscritto, tra l'altro, all'apposito albo speciale, è investito di una
funzione di grande rilievo sociale, che esige da lui la massima professionalità. L'esercizio della giurisdizione
non può avere luogo senza la reciproca e continua collaborazione tra avvocati e magistrati, che si deve
fondare sul principio di lealtà; per cui, ove il professionista tradisca questa fiducia, potrà certamente essere chiamato a rispondere, in altra sede, del suo operato infedele; ma non si deve trarre dall'esistenza di possibili abusi, che pure talvolta si verificano, una regola di giudizio che abbia come presupposto una generale e immotivata sfiducia nell'operato della classe forense.
La bontà dell'approdo interpretativo raggiunto è ulteriormente confermata dalle riflessioni che, raccogliendo le sollecitazioni dell'ordinanza interlocutoria, devono essere compiute in riferimento al processo telematico.
Orbene anche nel processo di cassazione il requisito della "congiunzione materiale" sarà soddisfatto, nella
realtà virtuale, con l'inserimento del documento contenente la procura speciale nel messaggio PEC con cui si procede alla notifica dell'atto cui si riferisce ovvero nella busta telematica con la quale si procede al deposito del medesimo atto. Ne deriva l'ulteriore conferma che il requisito della separazione della procura dall'atto cui essa accede sarà la regola generale, il che indirettamente rafforza la validità dell'orientamento tradizionale che le Sezioni unite hanno inteso confermare.
L'enunciazione del principio di diritto.
In conclusione, secondo l'opinamento delle Sezioni Unite, il contrasto di giurisprudenza prospettato
dall'ordinanza interlocutoria, va pertanto, risolto enunciando il seguente principio di diritto:
«A seguito della riforma dell'art. 83 c.p.c. disposta dalla l. n. 141 del 1997, il requisito della specialità
della procura, richiesto dall'art. 365 c.p.c. come condizione per la proposizione del ricorso per cassazione
(del controricorso e degli atti equiparati), è integrato, a prescindere dal contenuto, dalla sua collocazione
topografica; nel senso che la firma per autentica apposta dal difensore su foglio separato, ma
materialmente congiunto all'atto, è in tutto equiparata alla procura redatta a margine o in calce allo
stesso. Tale collocazione topografica fa sì che la procura debba considerarsi conferita per il giudizio di
cassazione anche se non contiene un espresso riferimento al provvedimento da impugnare o al giudizio da promuovere, purché da essa non risulti, in modo assolutamente evidente, la non riferibilità al giudizio di cassazione; tenendo presente, in ossequio al principio di conservazione enunciato dall'art. 1367 c.c. e
dall'art. 159 c.p.c., che nei casi dubbi la procura va interinterpretata attribuendo alla parte conferente la
volontà che consenta all'atto di produrre i suoi effetti»

Avv. Andrea Galiffa