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IL CASO FORTUITO NELLA RESPONSABILITA’ DA COSE IN CUSTODIA – CASS. 13729/2022

La Suprema Corte con l'Ordinanza n. 13729/2022, peraltro emessa a seguito di un ricorso proposto avverso un pronunciamento della Corte d'Appello de L'Aquila, è tornata a delineare i contorni della responsabilità per cose in custodia in capo alla P.A.

Il caso è quello, che ormai potremmo definire “di scuola”, di un incidente subito da un ciclista mentre, in sella al suo velocipede, a causa di un avvallamento presente sulla sede stradale, cadeva a terra riportando lesioni.

Il Tribunale adito, espletata la prova per testi, rigettava la domanda attorea sostenendo che, pur essendo stato provato il nesso causale tra l'avvallamento e la caduta, quest'ultima doveva ascriversi al caso fortuito, coincidente con la condotta negligente del danneggiato, essendo la presenza di sconnessioni, su una strada extraurbana, una situazione non eccezionale e, quindi, prevedibile dall'utente.

Avverso la detta statuizione l'attore interponeva gravame che veniva rigettato dalla Corte d'Appello de L'Aquila. Segnatamente, la Corte d'Appello confermava che, dovendosi sussumere la fattispecie sotto l'art. 2051 cc, la condotta del dannegiato aveva avuto efficacia causale esclusiva nella produzione dell'evento, integrando il fortuito, considerate le circostanze di tempo (il sinistro avveniva alla ore 13.20 di un giorno d'estate), e di luogo (strada con avvallamenti assolutamente evidenti) e la circostanza che il danneggiato fosse alla guida di una bicicletta da corsa che gli avrebbe richiesto una particolare prudenza.

Avverso il mentovato pronunciamento, il danneggiato spiegava ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo deducendo la violazione e falsa applicazione dell'art. 2051 cc in relazione all'art. 360, co.1 n.3 cpc.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dando ulteriore conferma e pregnanza alle più recenti pronunce della medesima giurisprudenza apicale che, di fatto, hanno rivalorizzato l'obbligo di custodia ponendo a carico del custode la prova del fortuito in termini più rigorosi che in passato.

La pregevolezza dell'Ordinanza in commento sta proprio nel fatto che, nell'impianto motivazionale della stessa, la Corte passa analiticamente in rassegna i più recenti arresti sul punto e, segnatamente:

- Cass., 6-3 ord. 23 gennaio 2019 n.1725, secondo la quale il custode, comunque, deve predisporre quanto necessario per prevenire danni attinenti alla cosa custodita; il caso fortuito, pertanto, sarà integrato dalla condotta del terzo o del danneggiato soltanto se si traduca in un'alterazione imprevista e imprevedibile dello stato della cosa

- Cass. 3, ord. 29 gennaio 2019 n.2345, rileva che è necessario tenere conto della natura della cosa per cui quanto meno essa è intrinsecamente pericolosa, quanto di più il possibile pericolo è prevedibile e superabile dal danneggiato con normali cautele e, quindi, quanto più è l'efficienza causale della sua condotta imprudente che giunge, eventualmente, a interrompere, il nesso causale tra la cosa e il danno ovvero a espungere la responsabilità del custode.

- Cass. 3, ord. 12 maggio 2020 n.8811 rileva ancora che la responsabilità ex art. 2051 cc, impone al custode, presunto responsabile, di provare l'esistenza del fortuito, considerato comunque che i suoi obblighi di vigilanza, controllo e diligenza gli impongono di adottare tutte le misure idonee per prevenire e impedire la produzione di danni a terzi.

- Cass. 2, ord. n.456 del 2021 che, da ultimo, conferma che il danneggiato deve limitarsi a provare il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, spettando al custode la prova c.d. liberatoria mediante dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia avente impulso causale autonomo e carattere di assoluta imprevedibilità ed eccezionalità.

Orbene, con l'Ordinanza in commento la Suprema Corte ha ritenuto di aderire al summenzionato orientamento cassando la sentenza della Corte d'Appello de L'Aquila impugnata dal ricorrente, non integrando, a parere degli ermellini, la condotta del danneggiato, nel caso di specie, il caso fortuito e ciò indipendentemente dal fatto che  l'avvallamento fosse percepibile per la sua dimensione e per l'orario in cui era avvenuto il sinistro.

Opina, infatti la Corte che, non essendo il Comune riuscito a provare che l'insidia si fosse appena generata, il detto Ente, avrebbe dovuto prevenire l'avvallamento certamente già presente ed intrinsecamente pericoloso.

Ragionando diversamente sostengono testualmente i giudici di legittimità “tutti i custodi di strade potrebbero permettersi di lasciarle non riparate a tempi indefiniti, ovvero astenersi dalla custodia, perchè gli avvallamenti possono essere percepiti materialmente da chi passa nelle ore luminose del giorno, soltanto negli orari notturni “risorgendo” la custodia”

Biasima altresì la Suprema Corte la sentenza impugnata in quanto il giudice di merito avrebbe totalmente glissato sul rilievo, tipico, della notevole precedente frequentazione del luogo da parte del danneggiato che lo renderebbe ben noto a chi lo percorre.

Per tutti tali motivi il ricorso veniva accolto, la sentenza cassata e la causa rinviata alla Corte d'Appello de L'Aquila nuovo esame.

In conclusione, la statuizione in commento non fa altro che ribadire, rivolgendosi ad una giurisprudenza di merito spesso colpevolmente sorda rispetto a paradigmi ormai consolidati che, la responsabilità della PA per danni da cose in custodia è ormai indiscutibilmente caratterizzata da criteri di imputabilità di natura oggettivistica.

Avv. Andrea Galiffa