Il testamento è definito (art. 587 c.c.) come “…un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse”.
Il nostro ordinamento giuridico prevede tre forme ordinarie di testamento: il testamento olografo, il testamento pubblico e il testamento segreto, ai quali si aggiungono i cosiddetti testamenti speciali.
Il testamento olografo è la forma di testamento più semplice e diffusa.
Per redigerlo è sufficiente scrivere di proprio pugno le disposizioni di ultima volontà su qualunque foglio, datarle e sottoscriverle.
Il testamento pubblico prevede la presenza di un Notaio. Per redigere un testamento pubblico è quindi opportuno recarsi da un Notaio, il quale, alla presenza di due testimoni, metterà per iscritto le volontà dichiarate.
Il testamento segreto è un tipo di disposizione poco frequente. Si tratta di un testamento di cui il Notaio e i testimoni ignorano il contenuto.
I testamenti speciali prevedono una semplificazione delle formalità ma la loro validità è limitata. Ogni testamento, per essere valido, deve essere redatto in una delle forme previste dal nostro ordinamento.
Quando si parla di validità ci si riferisce alla possibilità che il testamento possa concretamente produrre i risultati indotti dal testatore; cioè, attraverso di esso, disporre dei propri beni dopo la morte.
In particolare, in tema di testamento pubblico, l’art. 603 c.c. chiarisce: “Il testamento pubblico è ricevuto dal notaio in presenza di due testimoni. Il testatore, in presenza dei testimoni, dichiara al notaio la sua volontà, la quale è ridotta in iscritto a cura del notaio stesso. Questi dà lettura del testamento al testatore in presenza dei testimoni. Di ciascuna di tali formalità è fatta menzione nel testamento. Il testamento deve indicare il luogo, la data del ricevimento e l’ora della sottoscrizione, ed essere sottoscritto dal testatore, dai testimoni e dal notaio. Se il testatore non può sottoscrivere, o può farlo solo con grave difficoltà, deve dichiararne la causa, e il notaio deve menzionare questa dichiarazione prima della lettura dell’atto. Per il testamento del muto, sordo o sordomuto si osservano le norme stabilite dalla legge notarile per gli atti pubblici di queste persone. Qualora il testatore sia incapace anche di leggere, devono intervenire quattro testimoni.”
Quindi, il testamento pubblico è un atto particolarmente solenne e formale.
Per la redazione dello stesso devono essere rispettati una serie di prescrizioni e condizioni, tra cui:
- la presenza dei testimoni la cui funzione consiste nel constatare la conformità della dichiarazione di volontà pronunciata dal testatore con la riduzione in iscritto fatta dal Notaio e garantisce la veridicità dell’atto;
- la capacità di intendere e di volere di chi vuole fare il testamento.
Negli anni, la giurisprudenza ha contribuito a definire la disciplina del testamento pubblico. Segnatamente si evidenziano due importanti orientamenti, di recente espressi, circa la validità dello stesso.
La Corte d’Appello di Campobasso, con sentenza del 3 febbraio 2021 n. 32, ha stabilito che l’atto pubblico (categoria nella quale rientra il testamento pubblico disciplinato dall’art. 603 c.c.), a norma dell’art. 2700 c.c., fa piena prova, fino a querela di falso, delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, ma nei limiti della sola attività materiale, immediatamente e direttamente richiesta, percepita e constatata dal pubblico ufficiale nell’esercizio delle funzioni. Ne consegue che lo stato di sanità mentale, seppur ritenuto e dichiarato dal notaio che redige il testamento pubblico per la mancanza di segni apparenti d’incapacità del testatore, può essere contestato con ogni mezzo di prova, senza necessità di proporre la querela di falso.
Il Tribunale di Lecce, Sez. I, con sentenza del 23 febbraio 2021 n. 519, ha precisato, in tema di testamento pubblico, che lo stato di sanità mentale del testatore, seppure ritenuto e dichiarato dal notaio per la mancanza di segni apparenti di incapacità del testatore medesimo, può essere contestato con ogni mezzo di prova, senza necessità di proporre querela di falso, poiché, ai sensi dell’art. 2700 c.c., l’atto pubblico fa piena prova delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, ma nei limiti della sola attività materiale, immediatamente e direttamente richiesta, percepita e constatata dallo stesso pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni.
Dott. Edoardo Manucci