Come noto, la fideiussione, ex art. 1936 c.c., è il negozio giuridico in base al quale un soggetto (fideiussore) si obbliga personalmente verso il creditore garantendo l'adempimento della obbligazione altrui (debitore principale).
In particolare, quando si parla di fideiussione "omnibus" si fa riferimento ad una garanzia personale che, se stipulata, impone al fideiussore il pagamento di tutti i debiti che assumerà nei confronti del creditore, generalmente un istituto di credito, in dipedenza di qualsiasi operazione.
In questo caso, dunque, la garanzia non è limitata soltanto a determinati beni, ma impone al fideiussore il pagamento di tutti i debiti assunti o che si assumeranno con la banca per qualsiasi operazione bancaria presente o futura. Pertanto, proprio per la aleatorietà che la carattterizza, è stata coniata sulla falsariga della fideiussione per le obbligazioni presenti e future di cui agli articoli 1938 e 1939 c.c. e non figura espressamente tra le garanzie personali tipiche del nostro ordinamento giuridico.
Ciò premesso è altresì opportuno sottolineare che nei rapporti tra istituti di credito e clientela è di fondamentale importanza il ruolo della Associazione Bancaria Italiana (ABI)- un' associazione senza scopo di lucro a cui aderiscono gran parte delle banche italiane- che, al fine di perseguire i propri compiti, predispone schemi negoziali, concernenti condizioni generali di contratto, che gli istituti di credito possono utilizzare nei rapporti con la clientela. Rispetto alla fideiussione omnibus, nel 2002, è stato redatto uno schema negoziale denominato "Fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus)" che, nel 2005, è stato oggetto di una istruttoria avviata dalla Banca d'Italia in qualità di Autorità garante della concorrenza tra gli istituti creditizi- la quale, a far data dal gennaio 2006, è stata trasferita all' AGCM- conclusasi con il Provvedimento n. 55 datato 2 maggio 2005.
Tale provvedimento ha disposto che gli articoli 2, 6, e 8 dello schema contrattuale predisposto dall'ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie contengono disposizioni che, laddove siano applicate in modo uniforme, contrasterebbero con la normativa antitrust. Precisamente, la clausola di reviviscenza, di cui all' articolo 2 modello ABI, secondo cui il fideiussore deve "rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo"; la clausola di rinuncia al termine di decadenza, previsto dall'articolo 1957 c.c., ex articolo 6 modello ABI in base al quale "i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobblgigato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall'articolo 1957 c.c., che si intende derogato" e la clausola di sopravvivenza di cui all' articolo 8 modello ABI, a tenore del quale "qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l'obbligo del debitore di restitutire le somme allo stesso erogate, sono state dichiarate contrarie all'articolo 2, secondo comma, lett a) della L. 287/1990.
Questa legge, che ha come destinatari gli imprenditori e anche altri soggetti del mercato quale il consumatore finale e come obiettivo la tutela della concorrenza e del mercato, racchiude all'art. 2, co.2, lett a)- vietando che le imprese pongano in essere condotte tali da compromettere il gioco della concorrenza nel mercato nazionale o in una sua parte rilevante- la ratio di creare un bilanciamento tra libertà di concorrenza e tutela delle situazioni giuridiche soggettive di soggetti diversi dagli imprenditori. Principi, questi, condivisi anche a livello sovranazionale atteso che lo stesso articolo 101 TFUE prevede l'incompatibilità con il mercato interno e il divieto di tutti gli accordi tra imprese che possano pregiudicare il mercato tra gli Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare la concorrenza nel mercato interno.
Ebbene, il tema delle fideiussioni concluse secondo lo schema ABI si è distinto sopratutto per quanto concerne la nullità di tali negozi giuridici dando vita ad una giurisprudenza massiva, talvolta contrastante, foriera di diversi orientamenti giurisprudenziali. Infatti, una questione fortemente dibattuta concerne proprio l'ipotesi che il contratto di fideiussione stipulato tra la banca e il cliente (cd. Contratto a valle) riporti le clausole dello schema ABI (cd. Intesa a monte) dichiarate in contrasto con la disciplina antitrust.
In particolare, la dottrina e la giurisprudenza si sono divise sulla sorte del contratto a valle circa le diverse soluzioni possibili indicandone tre: la nullità totale; la nullità parziale relativa alle clausole che riproducono le condizioni dell'intesa nulla a monte; la tutela risarcitoria. Sebbene sul punto si siano susseguite diverse pronunce della Suprema Corte, quella che viene in rilievo come pronuncia risolutiva è la sentenza delle Sezioni Unite n. 41994 del 30 dicembre 2021. Secondo gli Ermellini, nel caso suddetto, trova applicazione il rimedio della nullità parziale, in forza del principio di conservazione degli atti negoziali e conformemente a quanto previsto a livello europeo. Pertanto, il contratto di fideiussione a valle è nullo limitatamente alle clausole riproduttive dello schema illecito a monte. Di converso, è nullo l'intero contratto, in deroga al principio di conservazione, solo laddove sia dimostrata la diversa volontà delle parti "nel senso della essenzialità- per l'assetto di interessi separato- della parte del contratto colpita da nullità.Dunque, la normativa antitrust può risultare violata da una combinazione di atti tra i quali sussista un collegamento funzionale che si ravvisa quando il contratto a valle riproduce in tutto o in parte l'atto a monte dichiarato nullo dall'autorità di vigilanza. In questo caso, infatti, il contratto di fideiussione- riportante le clausole vietate dello schema ABI- configurerebbe uno strumento per violare la disciplina antitrust creando un meccanismo distorsivo della concorrenza che la legge intende evitare.
Viepiù, la pronuncia esprime altrettanti importanti principi a tutela dei garanti quali: la legittimazione a far valere la nullità sia in capo all'imprenditore sia al consumatore finale; la cumulabilità dell'azione di nullità con la ripetizione di indebito di risarcimento del danno; il riconoscimento dei provvedimenti della Banca d'Italia e le pronunce delle Autority come "atti di elevata attitudine a provare la condotta ancticoncorrenziale" lasciando, dunque, scarsa discrezionalità valutativa al giudice di merito che è tenuto ad "apprezzarne il contenuto" e infine,la rilevabilità d'ufficio della nullità parziale delle fideiussioni.
Alla luce di tali principi, quindi, la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione riconosce importanti baluardi difensivi in capo ai prestatori di garanzie fideiussorie a Banche e finanziarie in favore di attività imprenditoriali, sopratutto quando queste ultime si trovino in situazioni di crisi conseguenti ad azioni di recupero da parte dei creditori.
Avv. Alfredo Bonanni