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Opposizione a decreto ingiuntivo SS.UU. 15/10/2024

Opposizione a decreto ingiuntivo e proposizione nella comparsa di risposta di domande alternative a quella introdotta in via monitoria

In data 15 ottobre 2024 è stata pubblicata una interessante sentenza delle Sezioni Unite Civili della Suprema Corte (numero registro generale 12280/2022 Numero sezionale 236/2024 Numero di raccolta generale 26727/2024) le quali si sono pronunciate sulle questioni rimesse dalla Sezione Prima civile con l’ordinanza interlocutoria n. 20476 del 17 luglio 2023 ovverosia se nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il convenuto opposto possa proporre una domanda nuova, diversa da quella avanzata nella fase monitoria, anche nel caso in cui l’opponente non abbia proposto una domanda o una eccezione riconvenzionale e si sia limitato a sollevare eccezioni chiedendo la revoca del decreto opposto; più in particolare, se ed entro quali limiti possa considerarsi ammissibile la modificazione della domanda di adempimento contrattuale avanzata con il ricorso per decreto ingiuntivo, attraverso la proposizione di una domanda d’indennizzo per l’ingiustificato arricchimento o di una domanda di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale.

I fatti all'epoca esaminati dai giudici di merito, poi devoluti alla Suprema Corte, erano i seguenti: una società otteneva dal Tribunale di Roma un decreto ingiuntivo nei confronti dell'Azienda Sanitaria Locale Viterbo e della Regione Lazio per il pagamento di una determinata somma, quale corrispettivo di prestazioni sanitarie. Entrambe le ingiunte si opponevano; insorgevano quindi due cause, nelle cui comparse di costituzione e risposta, in subordine al rigetto dell'opposizione, l'Opposta chiedeva - qualificandola domanda riconvenzionale - di accertare che le controparti dovevano tenerla indenne ai sensi dell'articolo 1337 c.c., con conseguente condanna a pagarle la somma di euro ***** o una diversa somma di giustizia, oltre gli accessori; chiedeva altresì, in via ulteriormente subordinata, di accertare che le controparti dovevano ex articolo 2041 c.c. tenerla indenne dal loro ingiustificato arricchimento, con conseguente condanna a corrisponderle il medesimo importo.

Il Tribunale accoglieva le opposizioni e rigettava le ulteriori domande proposte dalla Opposta. La Corte d'Appello di Roma, riunite le cause, con sentenza del 9 febbraio 2022 rigettava i gravami.  In particolare, a proposito delle domande subordinate affermava - peraltro poi respingendole anche in merito - che tali "domande di pagamento" ai sensi degli articoli 1337 e 2041 c.c. erano state presentate "in modo inammissibile non essendo le stesse conseguenti ad una domanda riconvenzionale proposta dalle parti convenute sostanziali, ovvero dalla Regione e dalla ASL". 

La società Opposta proponeva ricorso per Cassazione

Dei sei motivi componenti l’impugnazione il quarto denunciava, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., la violazione del combinato disposto degli articoli 645, secondo comma, 167, secondo comma, e 183, quinto comma, c.p.c., per avere il giudice d'appello erroneamente ritenuto inammissibili le domande di condanna al risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale di cui all'articolo 1337 c.c. e all'indennizzo di cui all'articolo 2041 c.c.  In particolare, osservava la ricorrente che sia la Regione, sia l'Asl "avevano contestato l'esistenza e/o la validità di un rapporto contrattuale (o l'inesistenza del rapporto di accreditamento)": invero, "mentre l'odierna ricorrente allegava (nel ricorso monitorio) l'esistenza di un rapporto contrattuale del quale reclamava l'adempimento da parte della REGIONE LAZIO e della ASL di VITERBO, queste ultime contestavano, rispettivamente, l'esistenza di detto rapporto contrattuale e la validità dello stesso". Pertanto "non appare francamente dubitabile … che l'esigenza di formulare le domande ulteriori sia sorta in considerazione del tenore delle difese delle parti opponenti", ovvero che "la proposizione, da parte degli opponenti, delle eccezioni di inesistenza e/o invalidità del rapporto contrattuale ha comportato l'introduzione di nuovi temi di indagine, tali da legittimare la proposizione di nuove domande, di arricchimento senza causa o di responsabilità precontrattuale, da parte dell'opposta introduzione … necessaria per conseguire il bene della vita per il quale era stato attivato il giudizio, nell'ottica di salvaguardare anche l'economia processuale".

Il motivo veniva concluso come segue: "Il criterio distintivo che legittima la proposizione della domanda di ingiustificato arricchimento non può essere rinvenuto nella dicotomia eccezione in senso stretto/eccezione in senso lato, quanto piuttosto in un rapporto di consequenzialità tra la nuova domanda e la difesa dell'opponente", non valorizzato dal giudice d'appello; e lo stesso deve valere "anche per la domanda di risarcimento del danno ex art. 1337 c.c., derivando l'interesse alla relativa proposizione proprio dalle difese delle parti opponenti".

Assegnato il ricorso alla Prima Sezione Civile della Suprema Corte veniva chiamato all’adunanza camerale dell’8 febbraio 2023; all’esito di questa veniva pronunciata, ai sensi dell’articolo 374 c.p.c., ordinanza interlocutoria n. 20476 del 17 luglio 2023 di rimessione degli atti alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite in ordine alla questione insita nel quarto motivo del ricorso. La causa veniva rimessa davanti alle Sezioni Unite e chiamata alla pubblica udienza del 25 giugno 2024 la quale pronunciava il seguente principio di diritto: «nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la proposizione da parte dell'opposto nella comparsa di risposta di domande alternative a quella introdotta in via monitoria è ammissibile se tali domande trovano il loro fondamento nel medesimo interesse che aveva sostenuto la proposizione della originaria domanda nel ricorso diretto all’ingiunzione» precisando che «… chi ha avviato il giudizio per via monitoria ha facoltà di introdurre nella comparsa di risposta le domande alternative che eventualmente intenda presentare, non potendo invece riservarle fino all’“ultimo giro” offerto dall’articolo 183, sesto comma, c.p.c. Fino a quest’ultimo, comunque, a seconda dell’evoluzione difensiva dell’opponente posteriore alla comparsa di risposta, gli sarà consentito proporre domande come manifestazioni di difesa, anche se non stricto sensu riconvenzionali».

Avv. Alfredo Bonanni