Una delle questioni più dibattute in tema di responsabilità civile e risarcimento danni è sicuramente
quella della quantificazione dei pregiudizi non patrimoniali patiti dai prossimi congiunti della c.d.
vittima “primaria”, deceduta o macro-lesa, di un evento sinistroso.
Come noto, fino al 2021, il metodo impiegato per la liquidazione di siffatta tipologia di danno è
stato fondato sulle “forbici” o “forchette” previste dalle “tabelle milanesi”
Tale metodo consiste nel quantificare il ristoro patrimoniale ricomprendendolo tra una soglia
minima e una soglia massima, modulabile in ragione del caso concreto.
Orbene, lo scenario costituito dal consolidato utilizzo delle tabelle milanesi, è stato di fatto stravolto
dalla Suprema Corte la quale, con la pronuncia n. 10579 del 21/04/2021, ha messo in discussione il
metodo “meneghino” affermando testualmente che “In tema di liquidazione equitativa del danno
non patrimoniale, al fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso
concreto, ma anche l'uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno da perdita del rapporto
parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul ‘sistema a punti’”.
La Suprema Corte, in tutta evidenza, pur non citandole direttamente, ha inteso fare richiamo alle
tabelle in uso presso il Tribunale di Roma. Queste ultime, infatti, si fondano proprio su un metodo
di calcolo “a punti”, come quello ritenuto dalla Corte più idoneo per la stima dei danni non
patrimoniali di cui trattasi.
Ebbene, tale opinamento, quantomeno relativamente alla liquidazione del danno riflesso in capo ai
parenti del macroleso, è stato definitivamente confermato dalla più recente giurisprudenza apicale
che, con l'ordinanza n.13540 del 17 maggio 2023, ha espressamente statuito che, i parametri
valutativi da utilizzare per la quantificazione del risarcimento in parola, dovranno
imprescindibilmente essere quelli sanciti e cristallizzati nelle tabelle predisposte dal Tribunale di
Roma che, a parere della Suprema Corte, "fin dal 2019 contengono un quadro dedicato alla
liquidazione dei danni cd. riflessi subiti dai congiunti della vittima primaria in caso di lesioni".
Nella parte motiva della prefata ordinanza, la Corte di Cassazione fornisce anche una spiegazione
circa l'inadeguatezza delle Tabelle Milanesi statuendo espressamente che "le tabelle del Tribunale
di Milano, che nella loro più recente versione si sono adeguate alle indicazioni di questa Corte
prevedendo una liquidazione "a punti " in riferimento alla liquidazione del danno non patrimoniale
derivante da perdita del rapporto parentale, non altrettanto hanno fatto, allo stato, in riferimento
alla liquidazione del danno dei congiunti del macroleso "in quanto per ora non è stato raccolto un
campione significativo di sentenze utile a costruire una tabella fondata sul monitoraggio", come si
legge nella illustrazione delle tabelle dell'Osservatorio milanese, lasciando in questo caso al
giudice "…valutare se ritiene di avvalersi della tabella sul danno da perdita del rapporto parentale
corrispondente al tipo di rapporto parentale gravemente leso, opportunamente adattando e
calibrando la liquidazione al caso concreto, per quanto dedotto e provato"
La pronuncia in commento riveste altresì una fondamentale importanza per quel che concerne gli
aspetti afferenti l'onere della prova gravante sulla c.d. "vittima secondaria" ritendo ammissibile che
il mentovato onere probatorio possa essere assolto, dal parente del macroleso, anche attraverso il
ricorso a meri indizi e presunzioni . Vero è, infatti, secondo la Corte che "traducendosi il danno in
un patema d'animo ed anche in uno sconvolgimento delle abitudini di vita del soggetto, esso non è
accertabile con metodi scientifici e può essere accertato in base a indizi e presunzioni che, anche
da soli, se del caso, possono essere decisivi ai fini della sua configurabilità". E ancora "In tema di
danni conseguenti a sinistro stradale, il danno "iure proprio" subito dai congiunti della vittima non
è limitato al solo totale sconvolgimento delle loro abitudini di vita, potendo anche consistere in un
patimento d'animo o in una perdita vera e propria di salute. Tali pregiudizi possono essere
dimostrati per presunzioni, fra le quali assume rilievo il rapporto di stretta parentela esistente fra
la vittima ed i suoi familiari che fa ritenere, secondo un criterio di normalità sociale, che essi
soffrano per le gravissime lesioni riportate dal loro prossimo congiunto"
L’esistenza stessa del rapporto di parentela può dunque far presumere la sofferenza del familiare,
ferma restando la possibilità, per la controparte, di dedurre e dimostrare l’assenza di un legame
affettivo, perché la sussistenza del predetto pregiudizio, in quanto solo presunto, può essere esclusa
dalla prova contraria.
Ma vi è di più. La statuizione in commento, infatti, riconosce il diritto del familiare di soggetto
macroleso a vedersi riconosciuto il risarcimento del danno c.d. "riflesso", indipendentemente
dall'entità delle lesioni riportate dalla c.d. "vittima primaria". E valga il vero : "non sussiste in effetti
alcun "limite" normativo per il danno da lesione del rapporto parentale, nel senso che possa
sussistere soltanto se gli effetti stabiliti dal danno biologico sul congiunto siano particolarmente
elevati ".
Sono evidenti i riflessi e le conseguenze che tale ultimo principio, unitamente a quello afferente
l'onere della prova in capo ai familiari del macroleso, potranno riverberare, nel prossimo futuro,
rispetto alle aspettative risarcitorie delle c.d."vittime secondarie".
Avv. Andrea Galiffa