Il grande classico dell’estate.
La vendita in spiaggia, ricettacolo di possibili problemi e responsabilità.
Fino a 7.000,00 euro di multa per l’acquirente.
Responsabilità penale per il venditore.
Attenzione a cosa acquistate.
Il D.L. 35/2005 articolo 1 comma 7 dispone E' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 euro fino a 7.000 euro l’acquirente finale che acquista a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l'entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà industriale. In ogni caso si procede alla confisca amministrativa delle cose di cui al presente comma. Restano ferme le norme di cui al decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70
Sul punto, leggasi Tribunale Genova, Sez. I, Sentenza, 21/02/2019, n. 80 In tema di responsabilità penale, risponde non di ricettazione, ma dell'illecito amministrativo di cui all'art. 1, comma 7 del D.L. 14 marzo 2005 n. 35, convertito in L. 14 maggio 2005 n. 80, l'acquirente finale di un prodotto con marchio contraffatto e comunque di origine e provenienza diversa da quella indicata, cioè colui che non partecipa in alcun modo alla catena di produzione o di diffusione dei prodotti contraffatti, ma si limita ad acquistarli per uso strettamente personale.
Interessante anche Tribunale Bologna, 23/07/2012, n. 2830 Il principio secondo cui non può configurarsi una penale responsabilità per l'acquirente finale di cose in relazione alle quali siano state violate le norme in materia di proprietà industriale, essendo tale condotta sanzionata solo in via amministrativa dall'art. 1, comma settimo, D.L. n. 35 del 2005, convertito in legge n. 80 del 2005, è destinato ad operare unicamente in relazione all'acquirente finale di prodotti con marchio contraffatto e non anche in relazione ad altri soggetti che detengano i medesimi prodotti per la successiva rivendita, i quali saranno chiamati a rispondere di tale detenzione ai fini penali.
La giurisprudenza di merito si è adeguata a quella di legittimità. In materia, infatti, si era pronunciata anche la Cass. pen., Sez. Unite, 19/01/2012, n. 22225 Non può configurarsi una responsabilità penale per l'acquirente finale di cose in relazione alle quali siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà industriale: tale condotta è sanzionabile solo amministrativamente.
Ben più gravi le conseguenze per chi vende.
L’art. 474 codice penale punisce chi introduce nel territorio dello Stato prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati (1° co.) e quella di chi, fuori dai casi di concorso nella contraffazione, alterazione, introduzione nello Stato, detiene per la vendita o mette altrimenti in circolazione i prodotti di cui al 1° co. (2° co.).
In ambito penale, il “grosso” della contesa, tra accusa e difesa, è sul concetto di falso grossolano, o meno.
Sulla grossolanità della contraffazione dei marchi, si segnala Cassazione Penale del 2000 nella quale si afferma che: «Qualora elementi del prodotto, quali la evidente scarsità qualitativa del medesimo o il suo prezzo eccessivamente basso rispetto al prezzo comune di mercato, siano rivelatori agli occhi di un acquirente di media esperienza del fatto che il prodotto non può provenire dalla ditta di cui reca il marchio, la contraffazione di quest'ultimo cessa di rappresentare un fattore sviante della libera determinazione del compratore» (C., Sez. V, 23.2.2000)
Ma non mancano pronunce che bypassano il problema “grossolano o no” statuendo che Integra il delitto la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, trattandosi di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell'inganno.
Per chiudere, si riporta interessante pronuncia del Tribunale Udine, 09/03/2017, n.343
In materia di contraffazione di marchi e segni distintivi, al fine di verificare se la condotta di detenzione di prodotti destinati alla vendita possa essere ricondotta nell'ambito di applicazione della fattispecie prevista dall'art. 474 c.p., è necessario verificare se i prodotti riportino marchi o segni distintivi simili agli originali, tali da poter ingenerare confusione negli acquirenti, o al contrario se i loghi o i segni distintivi eventualmente riportati sui prodotti non siano in alcun modo riconducibili a quelli dei prodotti originali o, ancora, se gli stessi, pur simili a quelli originali, siano dei falsi grossolani. Nell'ambito dei reati di falso, difatti, le falsità, per essere giuridicamente rilevanti, devono essere in grado di ingannare un numero indeterminato di individui. Ciò deriva dal fatto che il bene giuridico tutelato attraverso tali reati è la fede pubblica, intesa quale fiducia che la società ripone negli oggetti, segni e forme esteriori ai quali l'ordinamento giuridico attribuisce un valore importante. Di conseguenza, le falsificazioni grossolane, ovvero quelle poste in essere con modalità tali da non trovare alcun credito presso le persone a cui sono destinate, risultano giuridicamente irrilevanti proprio perché non in grado di violare il bene giuridico tutelato dalle norme in tema di falso. Nel caso di specie, il tribunale ha ritenuto integrato il reato nei confronti dell'imputato rinvenuto in possesso di orologi, offerti in vendita ai turisti in spiaggia, molto simili a quelli originali e tali, nonostante le condizioni di vendita, da poter far apparire i prodotti come realmente provenienti dai produttori di cui riportavano le griffe alla generalità dei soggetti possibili successivi destinatari.
Avv. Massimo Ambrosi